Antonio Scurati, “M. Gli ultimi giorni dell’Europa”

Il terzo volume della trilogia sul Duce del fascismo

Alfio Pelleriti

“Gli ultimi giorni dell’Europa” è il terzo volume della trilogia di Antonio Scurati su Mussolini e sulla sua vita politica che diventa poi narrazione della vita dell’Italia, in particolare in questo libro si narrano gli anni 1938, 1939, 1940, dal varo delle leggi razziali all’entrata in guerra dell’Italia. Si tratta di un romanzo ma non c’è nulla di romanzesco, poiché “non è il romanzo qui a inseguire la storia, ma la storia a farsi romanzo”, precisa l’autore nella sua prefazione. Così come nei primi due, anche in questo suo terzo volume sulle scelte politiche del fondatore del fascismo, Antonio Scurati sa avvincere il lettore presentando avvenimenti tragici che avrebbero condizionato la vita dell’intera nazione.

L’attenzione del lettore è tenuta sempre vigile, grazie all’eleganza della prosa, chiara e priva di orpelli retorici, a tratti essenziale, come una cronaca. Scurati, usa il presente storico per la sua narrazione e tale scelta è saggia perché coinvolgente: il lettore sente vicini gli eventi e ne può valutare l’importanza, la drammaticità, ed è spinto ad emettere una personale valutazione, scegliendo da che parte stare. Sì, perché Scurati non si preoccupa di indossare le vesti dello storico attento a rimanere “neutrale” innanzi ai fatti presentati. Egli è schierato e gli eventi li accompagna con i suoi giudizi e con i suoi sentimenti di comprensione, di pietà o di condanna nei confronti delle scelte o dei comportamenti dei protagonisti, a cominciare da Mussolini.

L’autore presenta i personaggi più in vista in quegli anni, responsabili del drammatico epilogo nel quale trascinarono l’Italia e l’Europa, da Mussolini, a Hitler, da Galeazzo Ciano a Dino Grandi; ma non trascura altri personaggi minori, diventati pedine scomode per il Duce, come Margherita Scarfatti, sua amante e mentore fin dalla marcia su Roma e poi, in quanto ebrea, costretta a rifugiarsi prima in Argentina poi in America per sfuggire alla persecuzione antisemita. E ancora Renzo Ravenna, amico di Italo Balbo, capitano d’artiglieria in un battaglione di Alpini e medaglia d’oro durante la prima guerra mondiale, ebreo e anche lui vittima delle leggi razziali. Tutti i personaggi sono presentati con i loro timori e le loro angosce, con i loro dubbi nella drammaticità di decisioni da assumere per se stessi e per gli altri, con un’analisi che non è solo storica ma anche psicologica e con una narrazione che ora assume i toni drammatici degli eventi ora quelli leggeri dell’ironia.

Qualcuno potrebbe obiettare a Scurati che la sua trilogia su Mussolini non si presenta né come storia né come romanzo né come tentativo di revisione storiografica, ma come qualcosa di ibrido che sfugge a qualsiasi catalogazione e comunque è un prodotto che esce dai canoni dei generi e nulla sembra apportare di significativo o di nuovo, essendo appunto non catalogabile con i canoni classici di questa o quella disciplina. E invece l’approccio olistico di Scurati riesce ad illuminare fatti, personaggi, contesti, avvicinandoli alla verità storica più di quanto non possa riuscire ad ottenere un addetto ai lavori che segue senza sgarrare di un millimetro dai canoni deontologici e accademici della sua disciplina. Ogni capitolo si fa apprezzare per chiarezza ed eleganza espressiva, chiudendosi riportando dei documenti come appendice che supportano gli argomenti messi in evidenza dallo scrittore: pagine di diario di Ciano o di Giuseppe Bottai; estratti di giornali d’epoca, verbali del Gran Consiglio del fascismo, missive delle ambasciate.

E proprio del genero del Duce viene fuori un ritratto di uomo non sempre sicuro di sé, una personalità ambigua, spesso vinto dalla paura, che non sembra reggere, da ministro degli esteri, alle responsabilità che gravano sulle sue spalle, indeciso nelle scelte tra i suoi personali interessi e quelli in difesa del popolo italiano. È certo che si piega, nonostante i suoi notevoli dubbi, alla volontà di Mussolini o, ancora più grave, a quella del suo omologo ministro tedesco von Ribbentrop. Non si opporrà dunque al varo delle leggi razziali, nel 1938, o all’alleanza militare con la Germania, il Patto d’acciaio, che avrebbe determinato Mussolini all’entrata in guerra il 10 giugno del 1940, nonostante l’impreparazione alla guerra evidenziata più volte da Rodolfo Graziani, da Badoglio, da Italo Balbo, nonostante le accalorate lettere di Winston Churchill e del presidente americano Roosevelt, seguendo nella tragica avventura l’alleato tedesco Hitler.

“Il rumore” titola Scurati uno degli ultimi capitoli del suo libro, quello dedicato all’invasione nazista della Francia attraverso la foresta delle Ardenne, già teatro di sanguinarie battaglie durante la prima guerra mondiale, inizio dell’avanzata inarrestabile delle forze corazzate tedesche che occuperanno in breve tempo la Francia. Siamo a cinquanta pagine dalla fine del romanzo e questo è uno di quei punti, tanti invero, in cui Scurati raggiuge vette elevate, divenendo scrittore superbo. Egli mette in campo insieme intelletto, sentimento, passione, conoscenza, compassione e il suo romanzo diventa narrazione poetica, prodotto artistico che tocca e trasforma chi crea e chi legge, assapora e medita quella creazione. Giovani uomini, ubbidendo ad un ex caporale e mediocre pittore, invadevano ancora come i loro padri, una terra che a loro non apparteneva e uccideranno, violenteranno, distruggeranno. Il racconto diventa storia e insieme riflessione filosofica: “I più giovani hanno l’impressione di rivivere la sconfitta dei propri avi, o tutti, giovani e vecchi, vibrano degli echi di carneficine trascorse, entrate nella leggenda dei secoli – Sedan, Ypres, Waterloo – calpestando sotto le suole chiodate le ossa, calcinate dal tempo, di guerrieri neolitici.”[1]


[1] Antonio Scurati, M – Gli ultimi giorni dell’Europa, Bompiani Editore, 2022, pagg. 355-356


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