Valori e limiti delle visioni liberali (“Fratelli tutti”)

SUA SANTITA’ FRANCESCO

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  1. La categoria di popolo, a cui è intrinseca una valutazione positiva dei legami comunitari e
    culturali, è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono. Parlano di rispetto per le libertà, ma senza la radice di una narrativa comune. In certi contesti, è frequente l’accusa di populismo verso tutti coloro che difendono i diritti dei più deboli della società. Per queste visioni, la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che in realtà non esiste. Tuttavia, qui si crea una polarizzazione non necessaria, poiché né quella di popolo né quella di prossimo sono categorie puramente mitiche o romantiche, tali da escludere o disprezzare l’organizzazione sociale, la scienza e le istituzioni della società civile [138]
  2. La carità riunisce entrambe le dimensioni – quella mitica e quella istituzionale – dal momento che implica un cammino efficace di trasformazione della storia che esige di incorporare tutto: le istituzioni, il diritto, la tecnica, l’esperienza, gli apporti professionali, l’analisi scientifica, i procedimenti amministrativi, e così via. Perché «non c’è di fatto vita privata se non è protetta da un ordine pubblico; un caldo focolare domestico non ha intimità se non sta sotto la tutela della legalità, di uno stato di tranquillità fondato sulla legge e sulla forza e con la condizione di un minimo di benessere assicurato dalla divisione del lavoro, dagli scambi commerciali, dalla giustizia sociale e dalla cittadinanza politica».[139]
  3. La vera carità è capace di includere tutto questo nella sua dedizione, e se deve esprimersi nell’incontro da persona a persona, è anche in grado di giungere a un fratello e a una sorella lontani e persino ignorati, attraverso le varie risorse che le istituzioni di una società organizzata,
    libera e creativa sono capaci di generare. Nel caso specifico, anche il buon samaritano ha avuto bisogno che ci fosse una locanda che gli permettesse di risolvere quello che lui da solo in quel momento non era in condizione di assicurare. L’amore al prossimo è realista e non disperde niente che sia necessario per una trasformazione della storia orientata a beneficio degli ultimi. Per altro verso, a volte si hanno ideologie di sinistra o dottrine sociali unite ad abitudini individualistiche e procedimenti inefficaci che arrivano solo a pochi. Nel frattempo, la moltitudine degli abbandonati resta in balia dell’eventuale buona volontà di alcuni. Ciò dimostra che è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti degli abbandonati che soffrono e muoiono nei Paesi poveri. Ciò a sua volta implica che non c’è una sola via d’uscita possibile, un’unica metodologia accettabile, una ricetta economica che possa essere applicata ugualmente per tutti, e presuppone che anche la scienza più rigorosa possa proporre percorsi differenti.
  4. Tutto ciò potrebbe avere ben poca consistenza, se perdiamo la capacità di riconoscere il bisogno di un cambiamento nei cuori umani, nelle abitudini e negli stili di vita. È quello che succede quando la propaganda politica, i media e i costruttori di opinione pubblica insistono nel
    fomentare una cultura individualistica e ingenua davanti agli interessi economici senza regole e all’organizzazione delle società al servizio di quelli che hanno già troppo potere. Perciò, la mia critica al paradigma tecnocratico non significa che solo cercando di controllare i suoi eccessi
    potremo stare sicuri, perché il pericolo maggiore non sta nelle cose, nelle realtà materiali, nelle organizzazioni, ma nel modo in cui le persone le utilizzano. La questione è la fragilità umana, la tendenza umana costante all’egoismo, che fa parte di ciò che la tradizione cristiana chiama “concupiscenza”: l’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini. Questa concupiscenza non è un difetto della nostra epoca. Esiste da che l’uomo è uomo e semplicemente si trasforma, acquisisce diverse modalità nel corso dei secoli, utilizzando gli strumenti che il momento storico mette a sua disposizione. Però è possibile dominarla con l’aiuto di Dio.
  5. L’impegno educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita umana più integralmente, la profondità spirituale sono realtà necessarie per dare qualità ai rapporti umani, in modo tale che sia la società stessa a reagire di fronte alle proprie ingiustizie, alle aberrazioni, agli abusi dei poteri economici, tecnologici, politici e mediatici. Ci sono visioni liberali che ignorano questo fattore della fragilità umana e immaginano un mondo che risponde a un determinato ordine capace di per sé stesso di assicurare il futuro e la soluzione di tutti i problemi.
  6. Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale»,[140] perché sia possibile
    aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare».[141] La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».[142]

NOTE

[138] Qualcosa di simile si può dire della categoria biblica di “Regno di Dio”.
[139] Paul Ricoeur, Histoire et vérité, Ed. du Seuil, Paris 1967, 122 (ed. it. A. Plé et al., L’amore del prossimo, Paoline, Alba 1958, 247).
[140] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 129: AAS 107 (2015), 899.
[141] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 35: AAS 101 (2009), 670.
[142] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 858.


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