Agata Salamone

Nel libro “Emozioni politiche. Perché l’amore conta per la giustizia” la filosofa statunitense Martha Nussbaum sostiene che le nostre emozioni possono funzionare da motore per la nostra volontà, ma possono spingere verso scopi diversi: verso l’inclusività, l’uguaglianza, la lotta alla povertà, oppure invece verso il conflitto, le divisioni, le gerarchie, l’ottusità, il disinteresse, l’invidia, la rabbia. Ogni azione nasce da un impeto, per esempio verso l’equità sociale, o verso la protezione dell’ambiente, o verso l’inclusione, ed è sostenuta da un supporto emotivo, da un sentimento. È importante questa nozione perché, se si vuole tenere sotto controllo le tendenze verso il “male radicale”, ovvero verso l’odio, e ci si vuole impegnare a inibire il disprezzo come modo di rapportarsi con gli altri, è sui sentimenti che bisogna lavorare. Papa Francesco lo dichiara con forza nell’enciclica “Laudato sii”: La capacità di avere dolore per il dolore degli altri fa decidere il cambiamento. Kant considerava un dovere etico riunirsi e rafforzare la tendenza altruistica. Senza il sentimento della socialità, che qualcuno chiama “religione dell’umanità”, è impossibile essere buoni cittadini. A questo servono i rituali civili, ad alimentare l’amore civile, un sentimento che conosciamo tutti, di affetto verso la comunità. Mattarella nel suo discorso alla cerimonia inaugurale dell’anno di Bergamo Brescia capitale della cultura ha detto: “Questa è la forza dei campanili”, una emotività patriottica, di un patriottismo riformato, un sano patriottismo, per una patria luogo di pace, che educa lo spirito verso una fraternità cosmopolita. Come si può motivare l’altruismo e il sentimento della socialità? Facendo cambiare il modo di pensare alla propria felicità. È una questione di cuore e di emozioni, di sentimenti che guidano i giudizi.
Non basta la crescita economica. Non basta soddisfare i bisogni materiali del vivere. “Gli esseri umani vanno oltre i bisogni fisici”. Per sostenere pienamente la dignità umana, la libertà civile, l’uguaglianza dei diritti, va insegnata una cittadinanza critica attiva, un sentimento universale orientato dal bene comune. Una rinascita è possibile attraverso la scelta consapevole della cultura come elemento centrale per la formazione civile. “L’anno che sta arrivando” per Bergamo-Brescia è il tempo di questo evento, atteso e voluto. Ciò che dà carattere di “città illuminata” all’ambito delle due città che si includono a vicenda è il progetto di mettere al centro una rete di solidarietà e di trovare sinergie per promuovere il patrimonio culturale come forza educativa di massa.

La Cultura sarà l’energia generatrice del nuovo. E niente si dà per scontato: il patrimonio, i tesori da spendere sono infiniti. Il ministro della cultura Sangiuliano al discorso inaugurale diceva “la cultura è quel bene che più ne consumi e più cresce”. Come l’amore: più si divide più si moltiplica. La collettività in questo anno benedetto vuole riprogettare, ridisegnare le sue relazioni con gli altri e con l’ambiente: nuove collaborazioni, nuove forme di consumo, nuovi sistemi di trasporto, nuova produttività in chiave sostenibile. Intuizione felice quella dell’anno della cultura istituita nel 2014 per concentrarsi sulla cultura che è cura, cura dei luoghi come casa comune, cura dei pensieri e delle parole che rendono migliori. L’offerta variegata delle iniziative, anzi la bulimia delle iniziative, eccita alla partecipazione, per fare comunità e accoglienza, inclusione e non competizione. Bergamo-Brescia un’unica città, città illuminata, come nell’epoca dei lumi, dove uno più uno fa il doppio; città che inventa, che considera la conoscenza un valore; esperimento di politica generativa, antidoto alla sofferenza dopo il biennio di costrizione all’isolamento. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso inaugurale ha ricordato che obiettivo primario è la cura del paesaggio, volto amato della patria, giacimento di storia e civiltà, dove è più immediato educare alle virtù civili. La cultura è una riserva di umanesimo, leva per la coesione sociale, l’integrazione, lo sviluppo, fonte di pace e felicità.
La cultura è emersa come strumento di prevenzione e socializzazione che influenza il benessere delle persone, attraverso processi di accoglienza e la costruzione di relazioni di comunità.

Tutte le iniziative culturali, musicali, teatrali, letterarie che siano, avranno il tema comune della composizione delle differenze. Come per il vestito dell’Arlecchino della tradizione popolare, diversi pezzi comporranno un abito, diverse iniziative si accosteranno, nello scopo di comporre un abito, e gli abiti non sono solo copertura, mantelli che riparano, ma modi di essere, sono costumi, frammenti che trovano un centro di gravità nel loro scopo.
A marzo anche Bergamo Jazz Festival, uno dei maggiori festival jazz italiani alla sua 44a edizione, in occasione di “Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023”, diventerà speciale. Sarà connotato da uno spirito internazionale di confronto sperimentale con altri generi musicali. La Panorchestra di Tino Tracanna ci darà il gusto della contaminazione e della traduzione come la musica, la più porosa delle arti, sa fare.
Potrebbe sembrare che l’articolo di Agata su “Bergamo Brescia capitale della Cultura 2023” sia poco interessante per noi che viviamo in Sicilia, a Biancavilla, lontani da quel contesto geografico. Agata è riuscita a trattare un evento che riguarda un territorio specifico, con un respiro ampio e profondo che include qualsiasi comunità civica, poiché le sue riflessioni sulla cultura sono un’indicazione importante per intraprendere un cammino di rinnovamento sociale e politico che parta dalla cultura e dai suoi vari prodotti artistici al fine di cambiare prospettiva nel rapporto individuo/comunità, per vivere la città secondo i valori dell’inclusione e della solidarietà, percependola come la propria casa, tenuta costantemente bella perché sia più accogliente e ospitale.
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