Una nuova sezione: la poesia

Alfio Pelleriti

Apriamo una nuova categoria, la “poesia” e l’affidiamo a Ciccio Minissale che di quest’arte da sempre è un cultore. Sarà lui a proporre testi poetici della produzione nazionale e internazionale e i componimenti che i poeti della nostra comunità o che ci seguono sul sito vorranno mandarci per la pubblicazione. Si potrebbe cominciare dai partecipanti al concorso “Fiore di Mongibel” che si è concluso il 20 aprile scorso a Villa delle Favare che hanno presentato dei lavori veramente apprezzabili.

Sulla poesia e sui suoi vari generi, su questa forma espressiva antica quanto lo è la storia dell’uomo, si propone un breve testo che fa da introduzione a questa nuova sezione:

Alberto Moravia era arrabbiatissimo oltre che affranto e dolente. Avevano assassinato il suo amico Pier Paolo Pasolini. Lo inseguivano cronisti e cameraman: volevano una sua dichiarazione a caldo sulla morte dello scrittore. Rispose, facendo notare che su quella spiaggia non avevano ucciso un uomo qualsiasi ma un poeta, e di poeti, “ne nascono due o tre in un secolo!”

Due o tre in un secolo. E’ vero? E’ probabile? Non è affatto vero? Chi è poeta?

”Son forse un poeta? No, no certo.” diceva il giovane futurista Aldo Palazzeschi in un suo celebre componimento, forse in un eccesso di autoironia. “Perchè tu mi dici: poeta?/ io non sono poeta”, ribadiva il crepuscolare Sergio Corazzini, in un altrettanto eccessivo autocompatimento. “Il verso è tutto” per l’esteta ed edonista D’Annunzio.

Poeti sono, forse, coloro che costruiscono sonetti, madrigali e ballate? Sono gli esperti della rima in “fiore – amore”? “la più semplice, difficile del mondo”, diceva Saba, il cantore di Lina e di Trieste?

Oppure poeti sono i professionisti della retorica che con metafore ardite, con metonimie arrischiate, con fulminanti allitterazioni e surreali ossimori costruiscono alti palazzoni di carta con infiniti mattoni di parole aggrovigliate in rime alternate, incrociate, baciate?

E ancora: bisogna preferire gli endecasillabi o gli ottonari? la strofa saffica o l’alcaica, per esprimere il nulla?

E lo stile poi: osanniamo quello classico di Carducci e di D’Annunzio o gli sperimentalismi dei vociani e dei futuristi? Quanto vale il simbolismo di Baudelaire rispetto al bozzettismo del “fanciullino” pascoliano?

L’intellettuale impegnato, direbbe, sicuro e senza falsi pudori, che chi s’accinge a scrivere in versi sbaglierebbe di certo se non applicasse il “correlativo oggettivo” di montaliana memoria.

Ma l’inveterato romantico affermerebbe con Croce che la poesia è “lirismo”; è libero sfogo di sentimenti che tracimano da un cuore gonfio di ideali, ora appagati ora frustrati e vilipesi.

Si potrebbe poi dimenticare il maestro della critica militante, progressista e di sinistra, seppur salottiera? Quel György Lukàcs, per il quale l’arte è la capacità di leggere il reale, lo strumento che mirabilmente denunzia ingiustizie e soprusi, la comunicazione del bisogno popolare di autogovernarsi dopo aver eliminato controrivoluzionari e pescecani borghesi?

Chi è, insomma il poeta? E’ Gozzano coi suoi “pappagalli impagliati”? E’ Palazzeschi coi suoi “tri tri tri,/ fru fru fru/…/Cucù rurù”? Lo stesso Palazzeschi risponde irriverente: “Il poeta si diverte pazzamente/ smisuratamente!… cosa sono queste indecenze,/ queste strofe bisbetiche?/ Licenze, licenze,/ licenze poetiche!”

Per spiegare chi sono i poeti

ti rispondo con versi stentati,

con frasi sconnesse d’un uomo

che mai antepose se stesso

ai valori gridati,

da sempre osannati…

I poeti                              

Son perduti nel tempo,                       

nello spazio smarriti,                                

i poeti.

Del mondo cercan l’essenza,

la grande armonia,

l’arcana potenza.

Di tutti si senton fratelli

e il dolore son pronti a spartire.

Sono impavidi in mille duelli

Lì nei porti vorrebbero stare,

per trovare risposte nel mare,

per distender le ali e volare.

E poi note soavi creare,

che discendano piano,

fino al faro coperto di nebbia,

e affidarle al frusciare del vento

che si perde lontano

sulle misere case laggiù.

(A.P.)

I POETI OSSERVANO, PENSANO, SCRIVONO

di Ciccio Minissale

AD ALTA VOCE
Dylan Thomas
Questo pane che spezzo
Questo pane che spezzo un tempo era frumento,
questo vino su un albero straniero
nei suoi frutti era immerso;
l’uomo di giorno o il vento nella notte
piegò a terra le messi, spezzò la gioia dell’uva.
In questo vino, un tempo, il sangue dell’estate
batteva nella carne che vestiva la vite;
un tempo, in questo pane,
il frumento era allegro in mezzo al vento;
l’uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento.
Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci
devastare le vene, erano un tempo
frumento ed uva, nati
da radice e linfa sensuali.
E’ il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti.


Salvatore Quasimodo
Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.


Con la proposta di lettura di questi due testi poetici mi
piace iniziare quella che spero possa diventare una utile
e piacevole consuetudine di accostarsi all’ascolto della
parola di importanti poeti contemporanei.
La lettura della parola poetica e la conseguente
riflessione su di essa l’ho da sempre considerata una
forma laica di preghiera , nella speranza che questa mia
convinzione possa liberamente essere condivisa
proporrò periodicamente la lettura di poesie di autori
contemporanei più o meno conosciuti, auspicando che
tale attività possa contribuire ad arricchire la nostra
umanità ed affinare la nostra sensibilità.

Ciccio Minissale

Attestati su

rigidi ossimori

sprechiamo

il nostro tempo

a intagliare

le ruvide vocali

del disimpegno;

teste a discarico:

il nostro malessere

vitale,

comodo alibi

di irresponsabile

approdo

su placide rive

di indifferenza.

Petrosino 12/11/202

foto di A. Pelleriti

Una risposta a "Una nuova sezione: la poesia"

  1. Questa poesia di Ciccio Minissale, scarna, essenziale ma forte e carica di significati profondi, mette in evidenza le contraddizioni in cui è solito avvilupparsi l’uomo moderno che, convinto di aver trovato nello sviluppo tecnologico quiete esistenziale, gioia costante e benessere, si ritrova spesso solo con se stesso, smarrito, in solitudine, angosciato.
    E la soluzione non la trova nell’analisi razionale delle sue scelte, nella riflessione sulle criticità anche drammatiche che affliggono l’umanità, ma in una indifferenza superba e supponente alle ingiustizie e alle sofferenze che si consumano nel suo presente storico, chiudendosi sempre più nel proprio Ego.
    Alfio Pelleriti

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