Le ragioni del pacifismo e dei filosofi dell’antimperialismo americano
Alfio Pelleriti
Siamo giustamente sommersi dai dibattiti televisivi sui tragici fatti dell’Ucraina oltre che dagli aggiornamenti dei telegiornali sui fatti che avvengono di ora in ora nel campo. Non intendo riproporli naturalmente ma un elemento vorrei evidenziarlo.

Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo che per giorni si era “esercitato” lungo i confini di quello Stato indipendente e sovrano al quale già aveva tolto la Crimea e alcune aree del Dolbass, territorio russofono dove per anni ha alimentato una guerra civile, è sembrato che si potesse, almeno una volta, agire e commentare i tragici eventi in maniera unanime. Non sembrava infatti ci potessero essere dubbi o difficoltà interpretative: di solito l’invasore è il cattivo e l’invaso, più debole e condannato alla sconfitta, il buono. In effetti, si è registrata da parte dell’Occidente tutto e dell’Europa in particolare una condanna unanime e una reazione rapida nel varare sanzioni economiche e finanziarie contro la Russia. Passati però i primi giorni, nei salotti televisivi i dibattiti non sonnecchiano, anzi si sono riaccesi più forti che “pria”.
Quali i due fronti contrapposti? Da un lato le forze politiche liberali e socialdemocratiche e la sinistra moderata che si è schierata con il governo Draghi e con le istituzioni europee che vogliono sanzionare duramente Vladimir Putin e gli oligarchi, accogliere i profughi e aiutare con l’invio di armi i resistenti ucraini. Nell’altro fronte, la destra più radicale e la sinistra che continua orgogliosamente a definirsi comunista, insieme ad intellettuali impegnati e cattedratici universitari instancabili opinionisti politici (“organici” si sarebbero definiti negli anni cinquanta/settanta dello scorso secolo) che sono per la pace e per null’altro che non siano colorate manifestazioni di piazza e quindi contrari all’invio di armi ai combattenti ucraini, contrari a sanzioni drastiche che potrebbero irretire il tiranno. Costoro, anziché indignarsi per ciò che avviene nel presente e cioè bombardamenti sulle città che colpiscono case, ospedali, scuole, sedi istituzionali, con inevitabili morti e feriti che si contano già a migliaia; per i profughi che hanno superato il milione di unità ma se ne prevedono sei, sette milioni, costretti ad abbandonare tutto per fuggire dal terrore indotto dalle bombe, costoro, dicevo, si indignano per gli errori che in passato avrebbe fatto la NATO accettando le richieste di Stati indipendenti (Polonia, Ungheria, Romania, Finlandia, Paesi baltici) di entrare nell’alleanza militare occidentale per sfuggire alla morsa espansionistica della Russia. Quindi comprendono i nostri commentatori in poltrona le ragioni del “duce” di Mosca di curare la sicurezza del suo territorio e giustificano le varie annessioni portate in porto negli ultimi anni, dalla Georgia, alla Crimea, al Donbass. La reazione dell’ex KGB Putin, sarebbe volta semplicemente a difendere la sicurezza della Russia dall’invadenza imperialistica americana.

Del resto come fanno i Porro, i Fusaro, i Cacciari, i Giordano a dismettere la loro veemenza polemica, rinunciando ad azzannare i loro nemici pacifisti, europeisti, i riformisti progressisti, gli atlantisti “al soldo degli imperialisti americani”? E dal collateralismo con i “no vax” e con “gli anti green pass” ora sono schierati con il fronte dei “no armi” ai resistenti ucraini.
Certi intellettuali stanno con la testa girata all’indietro, interessati ad analizzare ciò che è accaduto dalla dissoluzione dell’Unione sovietica, e tra questi soprattutto i filosofi, nei quali si avverte la lontananza dalla lezione di Socrate sul dubbio che sottende la giusta ricerca della verità. Oltranzisti e radicali, spocchiosamente sicuri della bontà dei loro sillogismi, supportati da formulette accademiche attinte dagli incolpevoli pensatori moderni e contemporanei, irridono le posizioni di coloro che vorrebbero si rispondesse alle richieste di aiuto dei resistenti ucraini con l’invio di armi certo, non di bandierine e con slogan antimilitaristi.

Tra essi certo il più insopportabile risulta essere ancora una volta Diego Fusaro, che non rinuncia ad esternare la sua “verità” con la solita supponenza e col suo sorrisetto da primo della classe che sa a menadito la lezione assegnata e che ripete senza sbagliare un congiuntivo e con le giuste pause, mentre intanto, dietro gli occhiali da professore impegnato, gli brillano gli occhi e gli si gonfia il petto soddisfatto. Egli continua a sentirsi protagonista anche quando altri convitati esprimono la loro opinione, con il suo muto sarcasmo che affida alle labbra sottili piegate al sorriso beffardo. Allora il tronfio “filosofo” alza l’indice porgendolo alla telecamera significando che ha già il suo “colpo in canna” contro il velleitario tentativo di fare passare un’idea opposta alla sua, e allarga intanto il sorriso sardonico. Ha già la risposta per rintuzzare l’interlocutore. No, non lo ascolta! Non li sente nemmeno quegli avversari che al suo cospetto sono dei nani. E non gli importa nemmeno il tema del confronto; anche a lui importa solo ottenere la vittoria completa, la distruzione del nemico, la sua “smilitarizzazione”; anche lui, il “pacifista” ad oltranza, mira alla “denazificazione” del campo avversario.
Del resto dopo l’attentato di Sarajevo e l’inizio dell’invasione delle armate tedesche del kaiser Gugliemo II e di quelle austro ungariche di Francesco Giuseppe, prima del Belgio e della Francia del Nord e poi a Est verso la Russia, il pacifismo batteva i suoi colpi anche di fronte alle chiare mire di conquista degli Imperi centrali.
E quando Hitler aveva conquistato l’Europa e aveva invaso ad Est l’Unione sovietica, questi storici dei salotti televisivi non avrebbero apprezzato la resistenza della Gran Bretagna e del suo primo ministro, Winston Churchill, e certo non avrebbero avallato le scelte resistenziali di Sandro Pertini o di Nilde Jotti o dei fratelli Rosselli e di tutte quelle migliaia di partigiani che in Italia e sugli altri fronti europei morirono o vennero torturati opponendosi al fascismo e al nazismo.