Ilda Boccassini, “La stanza numero 30”

di Alfio Pelleriti

Il libro è un’autobiografia di Ilda Boccassini il magistrato che spese gli anni della sua attività di procuratore aggiunto a Palermo, a Caltanissetta e a Milano. Oltre che una ricostruzione di vicende umane e giudiziarie, il libro si rivela, fin dalle prime battute una sorprendente, chiara ed impietosa analisi della società italiana.

Ilda Boccassini, “Ilda la rossa” per i giornali nazionali, dagli anni ottanta fino al pensionamento nel 2019, presenta se stessa, la sua attività di magistrato impegnata sui fronti antimafia e anticorruzione, riportandoci negli anni più drammatici della storia repubblicana: l’assassinio di Giovanni Falcone il 23 maggio del 1992, seguito nel luglio dello stesso anno da quello di Paolo Borsellino e poi gli attentati di Roma e di Firenze, la cattura di Riina, il suo rapporto con Tommaso Buscetta e l’impegno come sostituto procuratore a Caltanissetta; e ancora la sua attività nella procura di Milano per contrastare la corruzione nel mondo della politica, dell’imprenditoria e nella magistratura.

Ilda Boccassini è stata una servitrice dello Stato coraggiosa che sempre ha posto il dovere al primo posto, prima di se stessa, della sua famiglia, dei suoi progetti di vita. Tenace e instancabile, preparata e severa con se stessa e con gli altri, ha avuto come cifra della sua attività la ricerca della verità e il trionfo della giustizia.

Semplice ma accattivante, asciutta e senza fronzoli è la scrittura della dottoressa Boccassini, che in me ha prodotto lo stesso effetto che scatta con i grandi scrittori: leggere, capire, sentire e commuovermi fino alle lacrime.

Al piacere della lettura presto si è aggiunta una sensazione altrettanto gioiosa e interessante, quella di immaginare un incontro tra me lettore, insegnante in pensione e la scrittrice, che a me racconta la sua storia come ad un suo caro amico. E già questa sensazione m’appaga e mi convince del fatto che la dottoressa sia stata grande come sanno esserlo gli eroi; è stata un magistrato di alto valore, con un senso dello Stato non comune, ma soprattutto una donna dal cuore grande, compassionevole oltre che severo con i criminali e con gli ipocriti.

Cesare Previti e Ilda Boccassini

Si va avanti nella lettura e si incontrano personaggi del calibro di Francesco Saverio Borrelli, il procuratore della repubblica di Milano, il giudice Giovanni Falcone, i giudici del “pool mani pulite” e Gherardo Colombo in particolare, amico oltre che collega della Boccassini con il quale avrebbe condotto il dibattimento nei processi a uomini potenti che erano sicuri di poter uscire indenni da qualsiasi indagine. E così “Ilda la rossa” rappresenterà l’accusa contro Cesare Previti, Renato Squillante, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico, Silvio Berlusconi nei casi Sme, Imi-Sir, Lodo Mondadori, processi in cui erano in ballo centinaia di miliardi di fondi neri. Tutti i giornali e le televisioni della galassia Fininvest e della Destra la terranno sotto tiro continuamente; riceverà minacce e ogni tipo di offesa attraverso lettere anonime, ma riuscirà con tenacia a superare le tempeste che le scagliavano addosso le potenti consorterie che tentavano di piegare le istituzioni dello Stato ai propri sporchi interessi. Fu il periodo delle leggi “ad personam” avallate dal parlamento asservito ai voleri di un capo che era convinto di poter piegare tutto e tutti ai propri diktat:

Legge sul falso in bilancio, con la quale non si persegue col rigore del codice penale chi falsifica i   bilanci di una società o ente economico.

 – Legge sulle rogatorie internazionali, con la quale diventa più difficile, se non impossibile per i magistrati inquirenti poter chiudere delle indagini in corso e perseguire reati per i quali si prevede un qualsiasi rapporto con la magistratura straniera.

 – Legge sul rientro dei capitali dall’estero, con la quale chiunque in passato abbia portato miliardi all’estero illegalmente, può farli rientrare senza problemi in Italia.  

– Legge sulle successioni e sulle donazioni, con la quale per successioni inferiori a 350 milioni di lire si continua a pagare il 3%, mentre per le eredità o “donazioni” miliardarie non si paga più l’INVIM.

Silvio Berlusconi

– Legge sul recupero di tasse evase, IVA, multe, e d’ogni altro credito vantato dallo Stato: condono tombale: versando fino ad un massimo del 18% della somma dovuta evasori milionari annullano le loro passate inadempienze. La Fininvest si avvantaggia della legge, risparmiando 194 miliardi di euro.

– Legge sul mandato di cattura europeo: tutti gli Stati dell’Unione Europea vogliono colpire chi commette gravi reati legati al terrorismo, alla pedofilia, al traffico di droga, alla corruzione e a brogli finanziari con un mandato di cattura europeo che renda più facile l’opera dei magistrati, aggirando i numerosi ostacoli burocratici. Solo un governo si oppone: quello di Silvio Berlusconi.

– Legge Cirami o del “legittimo sospetto”, con la quale basta avanzare il sospetto del “fumus persecutionis” da parte dei magistrati inquirenti sull’imputato, per far bloccare un processo e affidarlo ad un altro tribunale. Diventa difficile arrivare entro tempi brevi alla sentenza, mentre è facile arrivare alla prescrizione del reato.

– Legge sul lodo Maccanico o Schifani: le cinque più alte cariche dello Stato non possono essere processate per qualsiasi reato. La legge non è più uguale per tutti, come recita e vorrebbe la Costituzione.

– Si vuole sottomettere al potere politico la magistratura: dopo continui attacchi ai magistrati di Milano e di Palermo e poi ai magistrati tutti, il Centrodestra ha varato una riforma della giustizia con la quale la politica prevarrà sulla magistratura, nonostante il principio della divisione dei poteri, fondamento di tutte le democrazie liberali.

     E’ il trionfo di Robespierre e la sconfitta di Voltaire, Rousseau, Montesquieu.

A tratti si ha la sensazione di muoversi in un contesto senza tempo, tra storia e leggenda, tra la vita dei mortali e quella di semidei. Ilda Boccassini è stata passionale nel lavoro, ciecamente credeva nella sua missione di servire lo Stato e dunque di lottare contro ogni forma di criminalità. E dunque il suo libro non poteva non essere scritto con tale sua marca fondamentale, che affiora irresistibilmente, e chi condivide i valori ideali cui s’ispira, non può non aderire con la commozione, con le lacrime a ogni pagina di questo suo straordinario racconto.

Ilda Boccassini

Stupendo il capitolo dedicato a Giovanni Falcone, del quale conferma le grandi qualità investigative e la lungimiranza nella strategia di contrasto a Cosa Nostra, oltre che la grande valenza etica con cui caratterizzava ogni sua scelta professionale. Ma soprattutto la Boccassini mette in evidenza aspetti umani del magistrato che ne nobilitano ancora di più la figura. Il riferimento a Giovanni Falcone è costante in tutto il libro a testimonianza del legame professionale, umano e sentimentale che la legava al magistrato siciliano. Inoltre del giudice l’autrice mette in evidenza la nota dolorosa che lo accompagnerà nel corso della sua intensa attività: l’invidia e la gelosia di tanti magistrati e di suoi colleghi alla procura di Palermo; i tanti tradimenti orchestrati da coloro che a parole erano con lui e nei fatti gli remarono contro; le delusioni cocenti che dovette subire che però non gli tolsero la voglia di insistere nello svolgimento della lotta al crimine, pur consapevole che prima o poi sarebbe stato ucciso dalla mafia. “Quanto ho disprezzato gli omuncoli che hanno mentito raccontando o riferendosi a fatti mai accaduti e circostanze di assoluta fantasia, certi di non essere smentiti da un morto.”[1] E più avanti: “Se Falcone non fosse stato così autenticamente indipendente da ogni altro potere, non sarebbe stato necessario assassinarlo. Mai Giovanni ha potuto sentire intorno a sé empatia, solidarietà, rispetto per il suo lavoro e la sua persona. Non gli è toccato altro se non l’assedio della gelosia, la morsa del rancore, le false vicinanze interessate, l’avversione della politica. La magistratura lo ha accerchiato come fosse un avversario pericoloso.”[2]

Tra i tanti casi presentati, stupefacente è certo il “caso Scarantino”, gestito dalla procura di Caltanissetta, responsabile il procuratore Tinebra. La Boccassini insieme al collega Roberto Saieva avevano colto subito le contraddizioni in cui cadeva lo strano collaboratore di giustizia eppure testardamente gli sarà dato credito e sulle sue falsità alcuni saranno anche condannati ingiustamente. Solo dopo più di vent’anni finalmente i dubbi sollevati subito dalla dottoressa divennero chiari ma si era perso tanto tempo prezioso che si sarebbe potuto dedicare ad altre indagini. “Tutti mostravano di prendere per oro colato le parole del mafioso che accusava e si autoaccusava…Ne riparlai con Tinebra, ma trovai in lui un muro, la già sperimentata barriera di sorrisi, gentilezze e pacche sulle spalle… Saieva ed io non fummo ascoltati.[3]

Non smetterò mai di leggere questo libro, mi sono detto a un certo punto, visto che quasi ad ogni pagina ho dovuto fermarmi per respirare profondamente e ricacciare indietro le lacrime che mi impedivano la lettura. Emozioni forti sono scattate in me nel ricordare quante speranze erano riposte in Giovanni Falcone e nell’avere una conferma del suo valore da chi gli era stato accanto ma anche nell’apprendere di quanti subdoli nemici si nascondessero nella sua stessa trincea. “Giovanni era considerato scomodo perché ingovernabile, troppo indipendente, un utopista che non si limitava a sognare, ma che agiva con determinazione e intelligenza per realizzare il cambiamento.[4]

La Boccassini adopera una comunicazione onesta, sincera; dice quel che le detta il cuore e tale sincerità si tramuta in levità espressiva, che è un’altra delle caratteristiche che rende splendido il suo racconto, riuscendo ad avvicinare il lettore anche alle situazioni più drammatiche. Neanche le sue personali debolezze nasconde, anzi le descrive con onestà al lettore, il quale non può fare a meno di ammirarla poiché la sua figura s’innalza nella misura in cui lei mette in evidenza i suoi limiti con umiltà e lealtà. Dunque mi sono innamorato di questa indomita guerriera e tante volte, chiudendo momentaneamente il libro, ho gridato convintamente “Viva Ilda!”

In definitiva leggere il libro della dottoressa Boccassini è un’esperienza unica, un privilegio raro. Si vive la lettura con la sensazione di avere accanto l’autrice che ti onora di farti conoscere i momenti più drammatici della storia repubblicana del nostro Paese. Leggere questo libro significa stare insieme a lei ascoltandola con ammirazione e interesse, poiché in esso non ho trovato una pagina di troppo o una sequenza che mi abbiano potuto distrarre. Tutte invece hanno identica intensità, la medesima autenticità.

Questa donna ha lottato con coraggio, rinunciando alla libertà personale, alla presenza costante con i suoi familiari, ad una vita privata totalmente sua per il suo alto senso del dovere, per il senso etico che metteva in ogni sua decisione o scelta esistenziale, per cui si può affermare che Ilda Boccassini appartiene alla categoria degli individui tenaci e indomiti, lo sguardo sempre rivolto ai nobili ideali, ostacolata e attaccata dai “vari Taormina, Castelli, dai senatori della Casa delle libertà, da ‘Panorama’, da ‘Il Giornale’ che lavoravano sodo per avvelenare l’opinione pubblica”, ma tante erano anche le lettere di ammirazione e di sostegno che le arrivavano da parte di semplici cittadini.


[1] Ilda Boccassini, La stanza numero 30, Editore Feltrinelli, Milano Ottobre 2021, pag. 49

[2] Ibidem, pag. 177

[3] Ibidem, pag.127

[4] Ibidem, pag.52


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