La scuola contro il complottismo e la violenza fascista

di Alfio Pelleriti

Tenterò di mettere insieme con l’articolo che segue l’esigenza di esprimere un giudizio sugli scontri di piazza avvenuti a Roma culminati con la devastazione della sede del sindacato CGIL e l’impegno assunto di dedicare questo mese ad argomenti attinenti l’”Universo scuola”. Non sono del resto lontani i due mondi se ciò che accade in una società è anche frutto di come è strutturata in essa la scuola, cioè se l’educazione e l’istruzione sia qualitativamente elevata, se i docenti siano professionalmente preparati ad affrontare l’arduo compito di formare le giovani menti e di canalizzare le loro emozioni e passioni verso idealità che possano conservare sempre la dignità delle persone e in generale la giustizia, le libertà personali, il rispetto delle regole democratiche.

l’assalto squadristico alla sede della CGIL

Scrissi il giorno dopo l’assalto a Capitol Hill una mia riflessione che pubblicai su questo sito che si concludeva con il seguente auspicio: “Tutti noi, oltre naturalmente agli americani, dovremmo aver imparato una lezione dalle dolorose immagini della democrazia ferita e vilipesa. Tutti dovremmo essere più attenti quando parliamo di problemi che attengono la politica, l’economia, i problemi sociali e riflettere, mettendoci nei panni altrui, non prendendo per buone tutte le affermazioni più originali e ammalianti, solo perché comunicate da un personaggio della politica o dai blogger, o dagli influencer più seguiti sulla rete ai quali si crede solo perché è la loro opinione, da anteporre a quella dei politologi, degli scienziati, degli storici, dei filosofi o dei teologi.

In parole semplici, dovremmo avere più rispetto del sapere, della cultura, del mondo accademico. Dovremmo leggere libri oltre che navigare su Internet; dovremmo abituarci a controllare le affermazioni di capipopolo bugiardi e giornalisti pennivendoli, senza prendere nulla per certo solo perché “l’ha detto lui!”.

Dovremmo insomma avere maggiore rispetto per noi stessi. Ognuno di noi conta perché è una persona capace di pensare, valutare, giudicare, scegliere tra tante opzioni….”

A distanza di alcuni mesi quelle scene di ottusa violenza si sono ripetute in Italia, a Roma, con l’assalto alla sede nazionale della CGIL e con scontri con la polizia a pochi passi da Palazzo Chigi, sede del governo.

Maggioranza silenziosa e irrazionalità fascista

 Molti tra gli osservatori politici si meravigliano del fatto che Giorgia Meloni, dopo che noti esponenti del fascismo romano hanno guidato l’assalto squadristico alla sede nazionale del sindacato, continui a fare distinzioni, ad essere reticente ed ambigua e non riesca, lei che si candida a governare l’Italia, a dire una parola chiara di condanna sulle organizzazioni fasciste che guidano azioni violente e squadristiche contro istituzioni simbolo della nostra repubblica democratica. Ma non è facile per lei, come per Salvini dichiarare che il fascismo è parte del male assoluto perché una fetta cospicua del loro elettorato è convintamente fascista, quindi è ambigua così come lo sono in stragrande maggioranza tutti coloro che dichiarano di schierarsi con la destra, i quali sarebbero pronti a fare il saluto romano e a gridare “Duce! Duce!”, ad affermare che ci vorrebbero ancora “i Mussolini armati di valor”. Non lo fanno perché ancora non conviene loro, poiché questa democrazia che a loro fa schifo consente di avere un lavoro, di mandare i figli a scuola, di usufruire di una sanità pubblica gratuita, di non essere arrestati e mandati al confino per avere espresso le proprie convinzioni. E quindi tacciono o mentono dicendo che la democrazia va difesa dai violenti, da tutti i violenti anche quelli di sinistra.

È la maggioranza silenziosa che al momento opportuno viene fuori per gridare finalmente contro gli immigrati “che tolgono lavoro agli italiani”, sono quei benpensanti cattolici e praticanti che vorrebbero cacciare gli immigrati perché essi sono disponibili a lavorare per una paga più bassa (il problema non sta nel datore di lavoro ingordo e sfruttatore che massacra di lavoro per una paga misera, è invece dello sfruttato che accetta di farsi sfruttare!). È quella maggioranza che non vuole essere più “silenziosa” e scende in piazza contro il green pass e il vaccino che hanno salvato l’economia italiana oltre che la vita di centinaia di migliaia di italiani e che domani scenderebbe in piazza perché non vuole una legge che, riordinando le rendite catastali, porti ordine sulla tassazione delle case, facendo pagare il giusto in relazione alla loro estensione, al sito ove sono state costruite, alla tipologia d’uso.

È una maggioranza ignorante che si nutre della disinformazione che passa attraverso certi siti Internet e sulle menzogne ben costruite dei social network.

Il fascismo è sempre pronto a risorgere dalle sue ceneri, poiché esso rappresenta il male, e il male accompagnerà sempre l’uomo anche quando qualcuno dichiarerà che è stato debellato per sempre. Come un famelico felino si muove nell’oscurità pronto ad azzannare quando gli si presta imprudentemente il fianco.

Connivenze e ambiguità portarono allo Stato totalitario

Del resto, l’ambiguità ipocrita tendente ad una falsa interpretazione di ciò che accade, è stato il metodo con cui è stato aiutato il fascismo fin dalla nascita quando molti si girarono dall’altra parte mentre si incendiavano le Camere del lavoro nel 1921 e negli anni seguenti, quando gli squadristi bastonavano fino ad ucciderli gli oppositori politici, quando rivelarono il loro volto omicida, razzista, bellicista. Il Presidente del Consiglio Giolitti non pose il problema nella sua agenda politica, pensava che la violenza fascista fosse la manifestazione di pochi esaltati che si sarebbero potuti fermare facilmente qualora si fosse superato il limite.

squadra d’azione. Lucca 1922

Connivenze ottuse facilitarono ad una minoranza violenta di avere prima una rappresentanza politica in Parlamento e poi a Mussolini di essere nominato Presidente del Consiglio. La Monarchia, pezzi della magistratura e dell’esercito, gli industriali e gli agrari credettero di utilizzare i fascisti e chi li comandava (Mussolini, De Vecchi, Italo Balbo, De Bono, Roberto Farinacci e altri arditi pronti senza alcuna remora morale ad eliminare i “nemici interni”) in chiave antisocialista e antisindacale, per mettere definitivamente a tacere le rivendicazioni operaie. Si permise così a Mussolini nell’ottobre del 1922  e alla sua armata Brancaleone, definita pomposamente “Marcia su Roma”, di conquistare il potere e fondare uno Stato totalitario da lì a qualche anno, utilizzando ancora la violenza squadristica dei suoi manipoli di assassini, azzerando le istituzioni democratiche sostituite da quelle del partito fascista (PNF): Gran Consiglio del Fascismo – 1922 – che dettava la linea politica al governo; Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, formata dagli squadristi che continuavano a muoversi armati ma “legalmente” per portare a termine le loro “eroiche” azioni (incendi delle sedi dei partiti dell’opposizione ed eliminazione degli antifascisti.); Tribunale speciale per crimini contro il fascismo. E poi, con un excursus veloce, si varò la legge Acerbo (il partito che avrebbe avuto il 25 % dei consensi avrebbe conquistato i due terzi dei seggi alla Camera); furono emanate le cosiddette leggi “fascistissime” del 1925/26, con le quali si eliminarono tutti i partiti, tranne naturalmente il partito fascista e i mezzi di informazione furono tutti controllati e sottoposti a censura. E poi il Concordato con la Chiesa cattolica (febbraio 1929), le campagne militari, la creazione dell’Impero, la fascistizzazione della scuola e l’irregimentazione dei bambini e dei giovani e il conseguente “consenso” alla dittatura.

Nel 1938 furono varate le leggi razziali, adottando la stessa politica dell’alleato Adolf Hitler con il quale Mussolini aveva siglato, nel novembre del 1936, l’Asse Roma Berlino, che diventerà una vera alleanza nel 1939 con il Patto d’Acciaio, che farà precipitare l’Italia nella tragedia della seconda guerra mondiale.

Un antidoto alla propaganda sempre più subdola dei sovranisti, dei revisionisti storici, dei negazionisti dei campi di sterminio e dei cosiddetti “complottisti” è certamente la corretta informazione, e soprattutto l’istruzione e la formazione dei discenti, dalle elementari all’università, affidati a docenti motivati, preparati e costantemente aggiornati sui molteplici aspetti della loro difficile complessa indispensabile professione.

Il ruolo dell’insegnamento della storia nei curricula scolastici

Ricordare la lotta resistenziale per la liberazione dell’Italia dal giogo nazifascista a scuola significa, innanzitutto, fare alcune riflessioni su alcuni aspetti che riguardano l’organizzazione dell’istituzione formativa nel suo insieme, del sapere storico in particolare e in generale sulle prospettive ideali proprie dei giovani.

Il tempo trascorso da quei fatti (80 anni) è troppo lungo e per i nostri giovani studenti sarebbe come parlare d’un evento della storia antica, se non della preistoria. Appiattiti sul loro presente, ove primeggiano personaggi televisivi di nessuno spessore culturale, piegati alla subcultura dei social network, confusi da trasmissioni vacue e demenziali, gli studenti non riescono ad applicare agli avvenimenti storici le coordinate diacroniche o sincroniche o più semplicemente, non riescono a seguirne l’ordine cronologico. Figuriamoci se sono in grado di fare analogie, seriazioni, confronti come auspicano nelle programmazioni i docenti. La storia non è neppure, come è stata per la mia generazione, un’epopea di grandi personaggi, supereroi in lotta contro altri personaggi, rappresentanti del male. I nostri ragazzi collocano i fatti, dalla storia antica a quella attuale, in una dimensione piatta e informe, immobile e lontana, tra favola e leggenda.

Gli studenti percepiscono la storia come una disciplina difficile, inutile, noiosa e se i docenti sperimentano continuamente frustrazione di fronte alla neghittosità dei loro allievi che sbuffano durante la spiegazione delle varie unità didattiche, allora è opportuno riflettere sull’universo scuola nel suo insieme. Manca in tante realtà scolastiche una strategia educativa chiara. Scopi ed obbiettivi sono ipocritamente annunciati in mendaci programmazioni e negati poi, nella pratica quotidiana. Gli studenti sono distratti da innumerevoli attività extracurricolari e il sapere storico è diventato il fanalino di coda nella distribuzione delle risorse rispetto, ad esempio, all’informatica e alle lingue straniere.

Ci vorrebbero più ore per l’insegnamento di questa disciplina. Ogni unità didattica dovrebbe essere supportata dalla visione di alcuni film e, per l’età contemporanea ed attuale, da documenti filmati.

I nostri manuali sono tutti supportati da eserciziari, da documenti scritti ed iconografici, oltre che da sezioni stroriografiche. Si potrebbero condurre approfondimenti interessanti. Ma tali parti vengono regolarmente aggirate per il poco tempo a disposizione e per l’indolenza dei nostri allievi.

Se ricordare la liberazione e la lotta partigiana contro il nazifascismo deve avere un senso, come quella del 27 gennaio, in cui si ricorda l’Olocausto, allora dobbiamo chiederci perché i nostri giovani sono così lontani dal nostro passato; dobbiamo cambiare passo; trovare strategie migliori rispetto a quelle adottate per interessarli.

Quando parliamo dei grandi valori, allora i ragazzi guardano dritto negli occhi il docente per capire se quelle parole hanno un collegamento diretto col suo cuore. Ti scrutano perché da te pretendono coerenza, partecipazione emotiva, commozione. Non sanno che farsene di un semplice insegnante quando si parla loro di ideali, vogliono missionari, santi, vogliono passione; pretendono verità e lealtà come dai loro padri.

Se riusciremo a trasmettere questo entusiasmo, allora apriranno le loro orecchie e le loro menti e avranno voglia di sapere perché Sandro Pertini ce l’aveva con la madre quando era in carcere; quale era il compito delle staffette partigiane; vorranno sapere della repubblica di Montefiorino e dei fratelli Cervi e del perché tanti giovani presero le armi e non aspettarono l’arrivo degli alleati per cacciare i tedeschi dalle città italiane. E invece ancora molte sono le scuole in cui poco o nessuno spazio si concede allo studio del genocidio degli ebrei, anche se il 27 gennaio viene indicata come la giornata della memoria, già istituzionalizzata come ricorrenza tra le più importanti del nostro Paese e per la quale in tante realtà scolastiche si organizzano incontri, si svolgono attività e ricerche, si trae da tale ricorrenza un’importante occasione per la formazione degli studenti poiché si può riflettere su un avvenimento che universalmente è riconosciuto come la più immane tragedia della storia.

Sono ancora molti coloro che ritengono che parlare della Shoah è una “fregola” dei comunisti, argomento da propaganda sciovinista, frutto di faziosi e pericolosi intellettuali. Ma siamo in democrazia, vivaddio, e quindi si dovrebbe gridare forte e chiaro che il nazismo e il fascismo hanno trasformato l’Europa in un mattatoio, hanno calpestato la dignità degli uomini, hanno commesso orrendi crimini contro milioni di individui indifesi e innocenti, hanno inondato di sangue ogni angolo del continente. E lo si dovrebbe affermare soprattutto a scuola, in ogni ordine e grado della scuola.

A proposito di ricorrenze e di educazione

Accadde in uno dei miei anni di insegnamento al liceo di Adrano che proposi ai miei studenti un film documentario sulla Shoah curato da Moni Ovadia in occasione della giornata della memoria. Scorrevano le sequenze sui campi di sterminio nazisti e con attenzione i ragazzi seguivano quelle drammatiche vicende, ma i benpensanti di turno si sono scandalizzati quando il curatore del video ha affermato che la Shoah condizionò profondamente la riflessione filosofica e teologica e indusse qualche intellettuale verso il relativismo o lo scetticismo.

Ancora per alcuni pasdaran della dottrina cattolica certi argomenti non vanno toccati né menzionati. L’assordante silenzio di Pio XII sul genocidio del popolo ebraico, la vicinanza e la collaborazione delle alte gerarchie vaticane con il nazismo sono affermazioni che sanno di blasfemia alle orecchie di tanti rispettosi della forma, di ortodossi alla dottrina. Aver citato l’operazione “Odessa” con la quale tantissimi criminali nazisti fuggirono dalla Germania attraverso la “via dei monasteri” guadagnando l’impunità in Argentina, in Brasile, in Uruguay per alcuni miei colleghi equivalse ad avere gettato fango sulla Chiesa e sui suoi rappresentanti.

“Saranno pur veri tali episodi”, affermò un intelligente, saggio insegnante, “ma non sono certo fatti da far conoscere ai giovani di un liceo!” Perbacco! Si turberebbero, annasperebbero senza più certezze in un relativismo pericoloso, anticamera di sciovinismo o di ateismo. Meglio una “prudente ignoranza” piuttosto che la rischiosissima impudica dissacrante verità. Dunque, velleitario e stupido quell’insegnante che squaderna ai propri alunni tali avventate complesse vicende, sulle quali poi …, chi potrebbe affermare con certezza che siano veramente accadute? chi potrebbe escludere che tutto sia frutto di false testimonianze, di ben orditi complotti per gettare discredito sulla Sacra Istituzione?

Giusto per rimanere nel contesto delle persecuzioni nazifasciste, a tali prudenti visioni pedagogiche si può rispondere con quanto pensava il cattolico Carmelo Salanitro, morto gasato a Mauthausen: “In ogni tempo, la Scuola, libera e indipendente, non asservita ad interessi e scopi particolari d’individui e di gruppi, né appannata da falsi preconcetti o sviata da pretese rivelazioni, ha sollevato l’animo da infondati terrori e lo ha liberato da fallaci illusioni, ha rimosso e abbattuto artificiose e dannose barriere.”


Una risposta a "La scuola contro il complottismo e la violenza fascista"

  1. Santina Costanzo
    Tanti, troppi i punti dolenti del tuo lungo, interessante articolo.
    Ne condivido la rabbia, la delusione, la sconfitta e perché no? anche il dubbio.
    Parlare dell’ Operazione Odessa ai tuoi alunni non voleva gettare fango sulla Chiesa né su suoi ministri. Sappiamo tutti molto bene che anche in Vaticano (ma per fortuna non tutti!) esistono prelati disposti a vendersi. Anche Papa Francesco in tempi recentissimi ne ha scovati e denunciati eccome! La ritrosia dimostrata dal collega è stata solo una manifestazione di pochezza, non certo di tutela o salvaguardia della “crescita” e sano sviluppo dei ragazzi!… figuriamoci, con quello che ogni giorno ci propinano i vari TG. e social….

    Solo che la nostra coscienza tante volte vuole dormire e per poterlo fare bisogna fare finta di niente.
    E gli effetti di questa noncuranza li stiamo toccando con mano, la violenza dei fatti di Roma è figlia di una mentalità che non si occupa dei problemi reali del Paese ma soltanto di personalismi esacerbati da una società che vuole avere ragione su tutto. Non abbiamo imparato niente dalla storia passata, né ci preoccupa imparare affinché non si ripetano gli stessi errori.

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