ROBERT MUSIL, I turbamenti del giovane Torless

di Alfio Pelleriti

In questo suo primo lavoro l’autore, seguendo la tecnica dell’autobiografia, ci accompagna attraverso la personalità in formazione di un adolescente lasciato ad agenzie educative diverse dalla famiglia naturale: gli insegnanti di un collegio militare e la convivenza con i compagni di corso.

Il romanzo viene pubblicato nel 1906 quando Musil ha solo 26 anni, ma già una non comune capacità di scrittura lo caratterizza, che espliciterà nel suo capolavoro, “L’uomo senza qualità”.

Musil si apre al lettore accompagnandolo nelle pieghe più intime del suo animo condividendo un tumulto di sensazioni tipiche di ogni adolescente, che irrompono impetuose a condizionare una fragile psiche ancora in formazione dove passato e presente sono ancora fortemente legati e perfino lo spazio rivela deboli confini. L’autore conduce una vera e propria analisi introspettiva del protagonista di cui mette in evidenza la difficoltà nell’istaurare relazioni con gli altri, per esempio nel rapporto con l’amico del cuore, quel Beineberg da cui non vorrebbe mai allontanarsi, perché lo ritiene essenziale per la sua vita e che a momenti però disprezza.

Un viaggio nell’anima tormentata di un adolescente che, solo con se stesso, deve misurarsi con i tanti dubbi che lo attanagliano e affrontare il turbinio di emozioni che risalgono dal proprio subconscio insieme a particolari della realtà provenienti da un tempo lontano e che egli pensava scomparsi per sempre: un occhio, un sorriso, una mano, un canto, parole insieme a paure, gioie, ansie, dolori acuti inspiegabili costituiscono una realtà in cui convinzioni costruite con certosina pazienza crollano inesorabilmente abbattute da una tempesta di sensazioni nata dal rapporto con altri individui esterni alla famiglia.

Man mano che procede nel racconto delle esperienze giovanili di Torless, si ha l’impressione che un “Musil-paziente” si alzi dal suo lettino posto in penombra nello studio dello psicoanalista, per spiegare al lettore quali esperienze rimangono in lui indelebili e quindi le successive osservazioni critiche assumono le caratteristiche di leggi universali. Come ad esempio la regola antica della “catarsi” che scatta anche fuori dal perimetro del proscenio teatrale, poiché tutta la realtà dove si verificano le nostre relazioni sociali, le reciproche esperienze, le emozioni altrui, le tragedie degli altri diventano esperienze catartiche. Non commetteremo certi errori, non diremo certe parole, non faremo certe scelte “coraggiose”, non ospiteremo certe persone, non daremo fiducia ad altri perché memori di quanto poi gli altri hanno dovuto pagare. E pazienza se staremo lungamente in silenzio; se ci muoveremo con inspiegabile lentezza; se saremo sempre dubbiosi; se non saremo disponibili all’accoglienza e alla generosità; se saremo parsimoniosi fino all’avarizia. “Meglio soli” diremo a noi stessi, “che rischiare di provare dolore, come gli altri!”

Musil ci ricorda che l’adolescenza non è leggerezza, gioia, levità poetica, ma a volte può diventare tormento e angoscia e nella personalità in formazione spesso il male si insinua più facilmente e può attecchire quando le relazioni, le occasioni sono propizie. Allora le “cadute” e il buio del peccato allontanano dalla bellezza e dalla verità e proprio in quel periodo della vita in cui tutto sembra coniugarsi con la spensieratezza, si sperimenta la bassezza del darsi al cieco istinto.

È comune agli adolescenti che più tendono all’introspezione la sensazione precisa e chiara che le proprie esperienze siano seguite da anime invisibili, da occhi che ti osservano e che anche gli oggetti siano animati in certe situazioni particolarmente coinvolgenti. una sensazione che rimanda alla prima infanzia quando il bambino ha come fine ultimo quello di “espandere” il proprio “Ego” ed è dunque convinto che oggetti e persone siano solo un prolungamento di se se stesso e cerca di piegare tutti ai suoi desideri, ai suoi bisogni.

In sintesi: un libro onesto e coraggioso sull’adolescenza che non piega ad alcuna retorica né all’autocensura e che anche per questo si è affermato come un classico della letteratura sulla psicologia degli adolescenti.

A questo libro accosterei il romanzo incompiuto “Ernesto” di Umberto Saba, coevo di Musil e anche lui appartenente a quella cultura mitteleuropea che ha caratterizzato gli anni tra fine secolo XIX e primi decenni del XX, di cui Trieste e Vienna furono i centri propulsori. Anche Saba in questo breve romanzo mette in evidenza i turbamenti e le inquietudini dell’adolescente Ernesto che vive con la madre, poichè il padre aveva abbandonato la famiglia alcuni mesi prima della sua nascita. Privo di un modello paterno, Ernesto cede come Torless a pulsioni sessuali che lo portano ad esperienze omosessuali e alla scoperta dell’altro sesso con una prostituta.


Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...