di Alfio Pelleriti

“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa!” Questo è il monito che Liliana Segre, testimone della barbarie dei campi di sterminio nazisti e vittima della persecuzione razziale fascista, ripete nei suoi incontri con i bambini, i ragazzi e i giovani delle scuole d’Italia. E questo monito è lo stesso che già ripeteva Primo Levi nel duro, drammatico e accorato appello nel componimento “Considerate se questo è un uomo”.
Quel 25 Aprile 1945 è sempre attuale ricordavamo nell’aprile dello scorso anno, e lo ripetiamo ancora oggi, riproponendo lo stesso articolo, con le identiche riflessioni, con le due lettere di due giovani partigiani condannati a morte a Torino e con la splendida canzone di Francesco Guccini che chiude questo nostro ricordo della Resistenza alla dittatura fascista e la nascita della democrazia repubblicana.
Oggi è la Festa del 25 aprile che ricorda la Liberazione dal giogo nazifascista. Quest’anno più degli altri anni ricordare le generazioni passate che sacrificarono la loro vita per una patria libera e democratica è uno stimolo in più per continuare nella resistenza al coronavirus che tanti lutti ha portato in Italia. Oggi come ieri abbiamo riscoperto quanto grande sia il valore della solidarietà e della fratellanza, valori che rendono la convivenza civile ricca e matura oltre che bella. E’ un giorno sacro e necessario per la conservazione dei principi democratici su cui si basa la vita della nostra nazione. È un dovere morale e civile ricordare l’immane tragedia che si consumò negli anni del totalitarismo fascista, già a partire dai primi anni venti fino al 1945, fino alla Liberazione. S. Anna di Stazzema, Marzabotto, Risiera di S. Saba furono luoghi in cui si consumarono stragi di innocenti perpetrate ed eseguite dai nazifascisti.

Il 25 Aprile è la festa della Liberazione dal fascismo, dalla dittatura che si impose con le violenze squadristiche; che eliminò già dal 1925 le libertà civili; che impose il partito unico e la repressione e l’uccisione degli oppositori politici; che provocò centinaia di migliaia di morti con guerre di aggressione di Stati indipendenti: Spagna, Etiopia, Libia, Grecia, Iugoslavia; che promulgò le vergognose leggi razziali e partecipò con la Germania nazista al genocidio del popolo ebraico; che si alleò con il più ferale dei tiranni, responsabile dei 40 milioni di morti (in Europa) che si ebbero a causa della seconda guerra mondiale.
Viva il 25 aprile. Viva la Nostra bella Costituzione, repubblicana e antifascista.
Vogliamo ricordare i caduti della Resistenza e la lotta partigiana con due lettere di condannati a morte, un giovane ventenne, e un capitano pluridecorato, fucilati a Torino il 22 dicembre e il 5 aprile del 1944 da militi repubblichini. Entrambe le lettere tratte da “Lettere di condannati a morte della Resistenza”.
Armando Amprino (Armando)
Di anni 20 – meccanico – nato a Coazze (Torino) il 24maggio 1925 -. Partigiano della Brigata ” Lullo Mongada “, Divisione Autononia ” Sergio De Vitis “, partecipa agli scontri del maggio 1944 nella Valle di Susa e a numerosi colpi di mano in zona Avigliana (Torino) -. Catturato nel dicembre 1944 da pattuglia RAU(Reparto Arditi Ufficiali), alla Barriera di Milano in Torino – tradotto alle Carceri Nuove di Torino Processato dal Tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino Fucilato il 22dicembre 1944, al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino da plotone di militi della GNR,con Candido Dovis.
Dal Carcere, 22 dicembre 1944
Carissimi genitori, parenti e amici tutti,
devo comunicarvi una brutta notizia. Io e Candido, tutt’e due, siamo stati condannati a morte. Fatevi coraggio, noi siamo innocenti. Ci hanno condannati solo perché siamo partigiani. Io sono sempre vicino a voi.
Dopo tante vitacce, in montagna, dover morir cosí… Ma, in Paradiso, sarò vicino a mio fratello, con la nonna, e pregherò per tutti voi. Vi sarò sempre vicino, vicino a te, caro papà, vicino a te, mammina.
Vado alla morte tranquillo assistito dal Cappellano delle Carceri che, a momenti, deve portarmi la Comunione. Andate poi da lui, vi dirà dove mi avranno seppellito.
Pregate per me. Vi chiedo perdono, se vi ho dato dei dispiaceri.

Dietro il quadro della Madonna, nella mia stanza, troverete un po’ di denaro. Prendetelo e fate dire una Messa per me. La mia roba, datela ai poveri del paese. Salutatemi il Parroco ed il Teologo, e dite loro che preghino per me. Voi fatevi coraggio. Non mettetevi in pena per me. Sono in Cielo e pregherò per voi. Termino con mandarvi tanti baci e tanti auguri di buon Natale. Io lo passerò in Cielo. Arrivederci in Paradiso.
Vostro figlio Armando
Viva l’Italia! Viva gli Alpini!
Franco Balbis (Francis)
Di anni 32 – Uffìciale in Servizio Permanente Effettivo – nato a Torino il 16ottobre 1911 – Capitano di Artiglieria in Servizio di Stato Maggiore, combattente a Ain El Gazala, El Alamein ed in Croazia, decorato di Medaglia d’Argento, di Medaglia di Bronzo e di Croce di Guerra di 1aClasse – all’indomani dell’8 settembre 1943 entra nel movimento clandestino di Torino – è designato a far parte del 1°Comitato Militare Regionale Piemontese con compiti organizzativi e di collegamento -. Arrestato il 31 marzo I944, da elementi della Federazione dei Fasci Repubblicani di Torino, mentre partecipa ad una riunione del CMRP nella sacrestia di San Giovanni in Torino -. Processato nei giorni 2-3 aprile 1944, insieme ai membri del CMRP, dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato -. Fucilato il 5 aprile 1944 al Poligono Nazionale del Martinetto in Torino, da plotone di militi della GNR, con Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Bracciní, Errico Giachino, Eusebio Giambone, Massimo Montano e Giuseppe Perotti -. Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Torino, 5 aprile 1944
La Divina Provvidenza non ha concesso che io offrissi all’Italia sui campi d’Africa quella vita che ho dedicato alla Patria il giorno in cui vestii per la prima volta il grigioverde. Iddio mi permette oggi di dare l’olocausto supremo di tutto me stesso all’Italia nostra ed io ne sono lieto, orgoglioso e felice! Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra Terra ad essere onorata e stimata nel mondo intero. Lascio nello strazio e nella tragedia dell’ora presente i miei Genitori, da cui ho imparato come si vive, si combatte e si muore; li raccomando alla bontà di tutti quelli che in terra mi hanno voluto bene. Desidero che vengano annualmente celebrate, in una chiesa delle colline torinesi due messe: una il 4 dicembre anniversario della battaglia di Ain el Gazala; l’altra il 9 novembre, anniversario della battaglia di El Alamein; e siano dedicate e celebrate per tutti i miei Compagni d’armi, che in terra d’Africa hanno dato la vita per la nostra indimenticabile Italia. Prego i miei di non voler portare il lutto per la mia morte; quando si è dato un figlio alla Patria, comunque esso venga offerto, non lo si deve ricordare col segno della sventura. Con la coscienza sicura d’aver sempre voluto servire il mio Paese con lealtà e con onore, mi presento davanti al plotone d’esecuzione col cuore assolutamente tranquillo e a testa alta. Possa il mio grido di “Viva l’Italia libera” sovrastare e smorzare il crepítio dei moschetti che mi daranno la morte; per il bene e per l’avvenire della nostra Patria e della nostra Bandiera, per le quali muoio felice!
Franco Balbis
Condivido pienamente il forte appello della senatrice Segre in quanto sono convinta che l’Indifferenza sia una vera e propria forma di violenza. La violenza camuffata da finta discrezionalità, che cerca giustificazioni lì dove non ci sono, che potremmo chiamare pure codardia o inettitudine. Primo passo verso il declino.
L’Indifferenza è la caratteristica di chi pensa solo a se stesso: chiuso all’interno del suo “io”, non vede, non sente, non si muove e niente lo scuote. Rappresenta in sintesi il “peccato di omissione ” ed anche il Vangelo di Gesù, ci da’ chiare indicazioni in merito. Esempio eclatante Ponzio Pilato, figura di indiscussa inettitudine con il suo “lavarsi le mani!”.
Esempio di Indifferenza lo troviamo nel Vangelo del “buon samaritano ” ( Luca 10, 25,37) dove si sottolineano prima ancora della persona “buona”, le figure del sacerdote e del levita, entrambe legate alla chiesa e a suoi ministeri, eppure incapaci di soffermarsi davanti al ferito, presi soltanto dai propri impegni; vedono, e tirano dritto noncuranti.
È la stessa indifferenza di molti che sapevano, vedevano eppure tacevano, per le stesse ragioni che ho prima elencato facendosi quindi complici di chi ha portato allo sterminio milioni di persone.
È ancora l’indifferenza che lentamente avvelena, come un cancro che consuma e logora energie e speranze quando non curiamo affetti ed amicizie, assorbiti soltanto dal nostro amor proprio .
Quanto male, quanta atrocità, quanta cattiveria prodotta dall’indifferenza quando voltare lo sguardo dalla parte opposta diventa facile per non “contaminarsi”, per mettere a tacere anche il più piccolo barlume di sentimento umano. Il triste e diffuso fenomeno dell’indifferenza non dovrebbe minimamente esistere, mentre la solidarietà, in ogni tempo, dev’essere un invito ad aprire la coscienza illuminando la mente, pensando che siamo solo “dei vasi d’argilla ” e le nostre fragilità si superano con il cuore che tuttavia esiste in ciascun essere vivente, anche se talvolta lo si vuole, per comodità, mettere a tacere.
Santina Costanzo
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