Alfio Pelleriti
La giornata della memoria si celebra ogni anno perché si ricordi che il rischio di cadere nel baratro della barbarie è sempre presente.
Si rifletta almeno una volta in un anno che l’uomo, ricercatore, poeta, benefattore, filosofo, sa anche essere malvagio, assassino, oppressore, della dignità del suo simile. Sì l’uomo grande navigatore, architetto geniale, acuto narratore ha dimostrato di avere anche il coraggio di alzare altari al demonio, divenendone strumento zelante, dandosi con ghigno di soddisfazione ad incendiare il mondo.
In ogni uomo esiste una zona grigia, antica, ancestrale dove sonnecchia l’orco, l’aspetto ferale che terrorizza perfino le bestie. Una profondità oscura dell’Io dove i vili trovano la forza di impugnare la lama ed immergerla nella schiena degli eroi, invidiati ed odiati e poi traditi.

Si perpetui il ricordo di ciò che è stato nei campi di sterminio, nei luoghi di detenzione, dove i boia in divisa sotto il simbolo di una croce uncinata si nutrivano del dolore e del sangue innocente di uomini, donne, bambini.
Si ricordino i 12 milioni di morti, uccisi dai nazisti perchè colpevoli di essere ebrei, omosessuali, zingari, slavi, oppositori politici.

Primo Levi, “I sommersi e i salvati”

L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni. Per i giovani degli anni ’50 e ’60, erano cose dei loro padri: se ne parlava in famiglia, i ricordi conservavano ancora la freschezza delle cose viste. Per i giovani di questi anni ’80, sono cose dei loro nonni: lontane, sfumate, “storiche”. Essi sono assillati dai problemi d’oggi, diversi, urgenti: la minaccia nucleare, la disoccupazione, l’esaurimento delle risorse, l’esplosione demografica, le tecnologie che si rinnovano freneticamente ed a cui occorre adattarsi.
La configurazione del mondo è profondamente mutata, l’Europa non è più il centro del pianeta. Gli imperi coloniali hanno ceduto alla pressione dei popoli d’Asia e d’Africa assetati d’indipendenza, e si sono dissolti, non senza tragedie e lotte fra le nuove nazioni. La Germania, spaccata in due per un futuro indefinito, è diventata “rispettabile”, e di fatto detiene i destini dell’Europa. Permane la diarchia Stati Uniti-Unione Sovietica, nata dalla seconda guerra mondiale; ma le ideologie su cui si reggono i governi dei due soli vincitori dell’ultimo conflitto hanno perso molto della loro credibilità e del loro splendore. Si affaccia all’età adulta una generazione scettica, priva non di ideali ma di certezze, anzi, diffidente delle grandi verità rivelate; disposta invece ad accettare le verità piccole, mutevoli di mese in mese sull’onda convulsa delle mode culturali, pilotate o selvagge.
Per noi, parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perché inaspettato, non previsto da nessuno. E’ avvenuto contro ogni previsione; è avvenuto in Europa; incredibilmente, è avvenuto che un intero popolo civile, appena uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler è stato obbedito ed osannato fino alla catastrofe. E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.
Può accadere, e dappertutto. Non intendo né posso dire che avverrà; come ho accennato più sopra, è poco probabile che si verifichino di nuovo, simultaneamente, tutti i fattori che hanno scatenato la follia nazista, ma si profilano alcuni segni precursori. La violenza, “utile” o “inutile”, è sotto i nostri occhi: serpeggia, in episodi saltuari e privati, o come illegalità di stato, in entrambi quelli che si sogliono chiamare il primo ed il secondo mondo, vale a dire nelle democrazie parlamentari e nei paesi dell’area comunista. Nel terzo mondo è endemica od epidemica. Attende solo il nuovo istrione (non mancano i candidati) che la organizzi, la legalizzi, la dichiari necessaria e dovuta e infetti il mondo. Pochi paesi possono essere garantiti immuni da una futura marea di violenza, generata da intolleranza, da libidine di potere, da ragioni economiche, da fanatismo religioso o politico, da attriti razziali. Occorre quindi affinare i nostri sensi, diffidare dai profeti, dagli incantatori, da quelli che dicono e scrivono “belle parole” non sostenute da buone ragioni.
E’ stato oscenamente detto che di un conflitto c’è bisogno: che il genere umano non ne può fare a meno. E’ anche stato detto che i conflitti locali, le violenze in strada, in fabbrica, negli stadi, sono un equivalente della guerra generalizzata, e che ce ne preservano, come il “piccolo male”, l’equivalente epilettico, preserva dal grande male. E’ stato osservato che mai in Europa erano trascorsi quarant’anni senza guerre: una pace europea così lunga sarebbe un’anomalia storica.
Sono argomenti capziosi e sospetti. Satana non è necessario: di guerre e violenze non c’è bisogno, in nessun caso. Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purchè ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca, come sembra dimostrare l’attuale interminabile situazione di stallo, in cui le massime potenze si fronteggiano con viso cordiale o truce, ma non hanno ritegno a scatenare (o a lasciare che si scatenino) guerre sanguinose fra i loro “protetti”, inviando armi sofisticate, spie, mercenari e consiglieri militari invece che arbitri di pace […] Ci viene chiesto dai giovani, tanto più spesso e tanto più insistentemente quanto più quel tempo si allontana, chi erano, di che stoffa erano fatti, i nostri “aguzzini”. Il termine allude ai nostri ex custodi, alle SS, e a mio parere è improprio: fa pensare a individui distorti, nati male, sadici, affetti da un vizio d’origine. Invece erano fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi: salvo eccezioni, non erano mostri, avevano il nostro viso, ma erano stati educati male. Erano, in massima parte, gregari e funzionari rozzi e diligenti: alcuni fanaticamente convinti del verbo nazista, molti indifferenti, o paurosi di punizioni, o desiderosi di fare carriera, o troppo obbedienti. Tutti avevano subito la terrificante diseducazione fornita ed imposta dalla scuola quale era stata voluta da Hitler e dai suoi collaboratori, e completata poi dal Drill delle SS. A questa milizia parecchi avevano aderito per il prestigio che conferiva, per la sua onnipotenza, o anche solo per sfuggire a difficoltà famigliari. Alcuni, pochissimi per verità, ebbero ripensamenti, chiesero il trasferimento al fronte, diedero cauti aiuti ai prigionieri, o scelsero il suicidio. Sia ben chiaro che responsabili, in grado maggiore o minore, erano tutti, ma dev’essere altrettanto chiaro che dietro la loro responsabilità sta quella della grande maggioranza dei tedeschi, che hanno accettato all’inizio, per pigrizia mentale, per calcolo miope, per stupidità, per orgoglio nazionale, le “belle parole” del caporale Hitler, lo hanno seguito finchè la fortuna e la mancanza di scrupoli lo hanno favorito, sono stati travolti dalla sua rovina, funestati da lutti, miseria e rimorsi, e riabilitati pochi anni dopo per uno spregiudicato gioco politico.
IL DESTINO HA SALVATO GRETA
di Carmen Toscano
Una stazione ferroviaria di una città Europea Hitleriana
Chiasso, tanto chiasso, ordini dettati con violenza, gridati con voce minacciosa, qualche sparo e all’improvviso una vita afflosciarsi come un sacco vuoto. Il latrare assordante dei cani impazziti e aizzati con ferocia dai loro padroni. Chi, anche se inverosimilmente sopravvissuto a tanto terrore e annientamento fisico e mentale ha potuto dimenticare la parola, Schnell, Schnell! Nessuno dei sopravvissuti ha dimenticato. Gli spintoni selvaggi, i calci nelle costole, i colpi pesanti sulla schiena col calcio dei fucili, quando non era una pallottola alla nuca! Una grande confusione, urla di bambini dispersi nella folla che cercano e urlano il nome della mamma e dei familiari, uomini e donne anziani con gli occhi umidi arrossati dall’età, dal freddo e dalla paura. Guardie delle SS e aguzzini militari, coi loro lucidi stivali neri, costati forse anche la vita a qualche ebreo, con il loro andirivieni minaccioso, sulla banchina della stazione seminano il panico.
All’improvviso l’arrivo dei vagoni sigillati, atti a trasportare bestie, con il loro fischio lacerante e il pesante sferragliare sui binari incrementa il terrore. Si arrestano e nello stesso tempo vengono aperti i portelloni per farvi salire, ammassandoli, gli ignari spaventati uomini, donne e bambini che vengono spintonati dentro, violentemente. Pianti, disperazione, richiesta di aiuto o pietà per i giovani e per i bambini per poterli affidare ad amici o parenti corsi lì per l’imminente partenza dei loro cari su quegli sporchi vagoni, verso l’ignoto o come sappiamo verso la morte.
Ma chi avrebbe potuto ascoltare le loro richieste, chi avrebbe potuto commuoversi? Quegli uomini e donne dall’impeccabile e calda uniforme che il lavaggio del cervello sul mito della loro appartenenza alla razza pura, ariana aveva trasformato in belve assetate di sangue? No, la richiesta di pietà cadeva nel vuoto ma spesso tanto ardire veniva punito con scudisciate o addirittura una raffica in pieno petto. Ma impietoso, puntuale, all’ordine perentorio del segnale di partenza, stroncando ogni speranza covata fino a quel momento da quegli sventurati, di poter in qualche modo sfuggire a quell’atroce destino, il treno partì, lento ma inesorabile verso la meta da tutti ormai conosciuta.
Ma oggi noi sappiamo e non dimentichiamo e ogni anno alla ricorrenza del giorno della memoria nessuno si sottrae al ricordo alimentato peraltro giustamente dai media e dai giornali che ripropongono le atrocità commesse dai nazisti, le persecuzioni razziali, i milioni di ebrei sterminati nei forni crematori e la visione di terrificanti dossier girati dai russi e dagli americani all’arrivo nei campi di sterminio. Noi oggi sappiamo e continuiamo a chiederci: “Perché gli ebrei non si ribellavano?” Certo sarebbero morti in tanti nella ribellione ma tanti si sarebbero salvati o forse avrebbero potuto fuggire e nascondersi! Col senno di poi.
Loro non sapevano dove quei vagoni li conducessero, loro non sapevano dei campi di sterminio, loro non sapevano che cosa fossero le docce dai cui fori sarebbe uscito un gas letale, il famigerato Zyklon B a cui venivano inviati! Per lavarsi e spidocchiarsi dopo un lungo e sporco viaggio, veniva loro detto! Loro non sapevano dei forni crematori, e se qualche voce riportava qualche notizia di questo tipo non veniva creduta. Follie, solo follie. Loro pensavano che dopo un periodo di prigionia, più o meno lungo nei campi di lavoro, li avrebbero liberati. Purtroppo, però, non era così perché la follia nazista aveva preso piede e teneva ben nascosta l’operazione di eliminazione di milioni di ebrei, annientandoli fisicamente e poi moralmente.
Ma risaliamo sul treno. Lamenti, spintoni per farsi spazio, gli uni contro gli altri ma di spazio non ce n’è abbastanza per tutti! Troppe persone sono state stipate sul vagone forse il triplo o anche di più, le madri che a turno tengono in braccio i bimbi per non essere calpestati e soffocati, l’inferno sulla terra, non c’è alcun modo per sdraiarsi o almeno sedersi. Si pensa, si riflette, si studia per cercare un modo per far riposare gli anziani, le donne, i bambini e infine gli uomini stremati pure loro e intanto il treno col suo disperato carico, attraversa campagne, villaggi, paesi, città, stazioni dove si tenta a volte di farne salire ancora.
All’interno del vagone Greta, una bimba bellissima di pochi mesi piange in braccio alla mamma Helena, che pur esausta, stoicamente la regge sostenuta dalle braccia più forti del marito Davide. La piccola continua a piangere, perché ha fame, perché è infreddolita e perché ha bisogno di riposare nel suo abituale e soffice lettino. Si tirano fuori a fatica dalle tasche, pezzetti di pane ormai raffermo e un piccolo biberon dell’epoca, per farla almeno bere. I poveri passeggeri del treno, pur avendo mangiato e bevuto quasi niente, avevano bisogno nei primi giorni di viaggio di andare in bagno, anche questo era un problema, perché i servizi igienici non esistevano su quei vagoni che come già detto erano adibiti a carro bestiame, per cui bisognava studiare il modo come ricavarne uno, anche rudimentale. All’angolo estremo del vagone si creò una toilette, sul pavimento del vagone, in assi di legno c’era un mucchio di paglia, che servì per assorbire urine ed escrementi, isolandola da parte a parte, con una coperta per assicurare un po’ di privacy.
Spesso per il dondolio del treno i passeggeri traballavano ed era un cadere gli uni sugli altri e lì, accorgersi che fra chi ti era caduto addosso, c’era anche un cadavere, già da parecchie ore ma che sembrava che dormisse. Ci si chiede oggi: “Come si può dormire in piedi come i cavalli? Loro dovevano! Erano solo degli ebrei! Il fischio del treno acuto e lacerante sembrava piuttosto il lamento delle persone che piangevano i loro morti a stretto giro di gomito. Freddi, ballonzolanti e tragici come manichini. Ma ecco l’imprevedibile, capirono che il treno, sbucato da una galleria, rallentò la sua corsa finché non si sentì il fragoroso rumore dei freni. Ma loro non potevano guardare, potevano sentire o dalle fessure o grate poste all’altezza dei piedi, strisciando per terra, vedere il binario. In quei vagoni, visitati in epoca recente, ubicati nei musei della Memoria presso la stazione ferroviaria disabilitata di Villarosa (Sicilia), non erano previste finestre o aperture da cui si potesse guardare il cielo.
Tutto era organizzato per non farli orientare, sul tempo, sulle distanze e sui luoghi. Dovevano sparire, come mai vissuti sulla terra. Il treno si fermò e dagli ordini impartiti in tedesco capirono che i binari erano stati sabotati e che quindi bisognava scendere per rimetterli in funzione. I tedeschi non si preoccuparono di quanti operai fossero necessari per ripristinare la linea ferroviaria perché disponevano di quell’ingente forza lavoro, completamente gratuita a cui non davano neanche da mangiare…gli ebrei! Colpevoli soltanto di essere ebrei! Ancora la parola, Schnell! Schnell! “Scendete sporchi topi di fogna!” A lavorare… fannulloni buoni a nulla! A calci e pugni gli sventurati, affamati e indeboliti, senza quasi toccare cibo da decine di ore furono obbligati a lavorare duramente, tranne le donne che avevano in braccio bambini piccoli. Helena si sedette stremata su una pietra per riposare le gambe doloranti e intirizzite dal freddo.
Greta dormiva o forse era morta. Fuorusciva da una copertina una piccola testa bionda riccioluta e per riscaldarla, la madre la teneva attaccata al suo viso. Non si capì da dove fosse sbucata, ma Helena vide una donna elegantissima, in contrasto con quella miseria umana, avvolta in un caldo ed ampio cappotto, sormontato da un collo di pelliccia, sostare davanti all’ingresso principale della stazione. La guardò volutamente negli occhi e la cosa strana fu che la sconosciuta ricambiò lo sguardo, ma non era di natura nemica, era di natura caritatevole e con un cenno le fece capire di mescolarsi tra la folla dei poveri lavoratori, perché lei avrebbe fatto altrettanto. Helena decise di fidarsi, non aveva quasi più nulla da perdere! E se fosse stata una trappola per ucciderle entrambe, madre e figlia in un colpo solo? No! Il destino le stava offrendo un’opportunità di salvezza per la piccola Greta, tanto sarebbe morta lo stesso, non potendo sopravvivere a quel viaggio infernale.
Si alzò in piedi con grande fatica, pregava intanto che Greta non ricominciasse a piangere, perché avrebbe così attirato l’attenzione delle guardie. Molto lentamente si avvicinò alla sconosciuta che continuava a farle segno di avvicinarsi, si ritrovarono così dietro il muro del caseggiato della stazione. Il gesto decisivo che fece capire a Helena che la signora non l’aveva attirata in una trappola, fu la sua mano che accarezzò il viso del piccolo angelo che in quel momento si svegliò aprendo gli occhi bellissimi che conquistarono subito la donna.
La decisione fu presa senza troppe parole. Col viso cereo, Helena adagiò con estrema dolcezza la sua bimba fra le braccia della sconosciuta che solo con gli occhi le fece capire che l’avrebbe allevata con infinito amore. La vide allontanarsi velocemente con in braccio il prezioso fardello… sua figlia! Aveva deciso di dare a Greta una possibilità di sopravvivenza. Ripristinata la linea ferroviaria il treno riprese il suo sferragliare verso la morte.
Carmen Toscano
II Classificata al Concorso Letterario Efesto Città di Catania Edizione 2015
II Classificata al Concorso Letterario Il Convivio Giardini Naxos 2015
Premio La Quara Parma 2016
Pubblicata sulla Rivista Letteraria Umbria e Cultura
Carmen Toscano invia il seguente commento:
Per non dimenticare gli orrori della Germania Nazista che ha commesso, in nome della scellerata teoria della razza pura, quella ariana e ai danni del popolo ebraico colpevole soltanto di essere ebreo, le più nefande crudeltà. Trasportati su treni blindati e trattati peggio degli animali furono internati nei famigerati lager, falsamente campi di lavoro ma di sterminio. Subirono le più atroci sofferenze prima di uscire dei comignoli come cenere gialla dai forni crematori. Non possiamo escludere che fu soltanto un progetto di sterminio perpetrato dallo Stato militarista ma fu ampiamente condiviso dal popolo tedesco sia per l’odio verso gli ebrei sia facendo finta di non sapere. Ciò che avveniva in quei lugubri campi recintati da pesanti cancellisu cui troneggiava una scritta alquanto ironica “ Arbeit macht frei ” , ( il lavoro rende liberi) non c’era ariano che non lo sapesse. Noi scrittori tentiamo con i nostri racconti parlando, non senza commozione, del dolore subito da donne, bambini e uomini cercando di tenere lontano dalla mente degli uomini e soprattutto da quella delle nuove generazioni quel mostro che all’improvviso si risveglia in noi. La vigilanza deve essere alta e il monito costante: Mai più!-Per non dimenticare i milioni di ebrei che hanno perso la vita nei campi di sterminio nazisti!
“ Ils sont desparus, disperdus dans l’air comme des feuilles ramassées du vent!
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