Mons. Antonino Distefano, un docente geniale, un autore poliedrico, un sacerdote esemplare

di Giovanni Casella

Giovanni Casella

         Mons. Antonino Distefano, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo come docente di lettere classiche, è stato un Maestro per eccellenza, competentissimo nel suo campo, geniale, creativo, divertentissimo ma rigoroso allo stesso tempo e straordinariamente capace di rendere gli allievi padroni delle materie che insegnava. Un Maestro, nel senso più pieno del termine, ed un didatta assolutamente eccezionale ed unico.

          Addirittura riusciva ad entrare in sintonia immediatamente anche con i ragazzi per strada. I ragazzi a Biancavilla, paese che gli diede i natali e dove è cresciuto assimilando le migliori caratteristiche dell’animo paesano, ricordano tutti che ad ognuno “dava il suo numero” ed a distanza di anni era capace di ricordare con esattezza quel numero.

          Perché Mons. Distefano ha preso gli ordini come sacerdote diocesano, ma nel suo animo era, ed è rimasto sempre, un salesiano, affezionato e votato alla pastorale cristiana per i giovani. E’ stata solo la devozione filiale – ci confidava – che lo ha convinto a ripiegare nell’ordine diocesano, per restare vincolato alla provincia di Catania, e quindi vicino alla mamma.

          Ma la passione per la pastorale giovanile è rimasta immutata e si è pienamente realizzata nell’insegnamento, oltre che nelle tante opere scritte con raffinata competenza e bravura.

          Delle opere di Mons. Distefano (nome d’arte Nino d’Albavilla, di Biancavilla appunto, origine che rivendicava con orgoglio) le più celebrate sono le opere dialettali. Sono dei piccoli capolavori! “U tistamentu di me nannau” (del mio bisnonno) è una simpaticissima raccomandazione ai ragazzi a studiare seriamente (raccomandazione quanto mai attuale!). Poi “La fogghia e lu ventu” è la celebrazione dell’attaccamento alla campagna, tipica dei biancavillesi, e dell’attaccamento alla Chiesa del sacerdote Padre Distefano. “U martiriu di Sant’Aita” è l’omaggio alla devozione del capoluogo a Sant’Agata. “La scienza di Cicoliu” è una gradevolissima e scoppiettante ironia dell’erudizione dissociata da una vera cultura.

          La raccolta di novelle “A Rossalba”, ambientata esplicitamente nel paese natio, è una sorta di quadretto gradevole da incorniciare, perché rappresenta la società di un tempo, quella di tanto tempo fa, quando l’etica, il rispetto per la persona e la religione permeavano ancora fortemente la vita sociale. Non poteva mancare questa ambientazione, considerato l’attaccamento al paese d’origine sempre rivendicato.

          “Il sogno presso l’altare” è un’opera nella quale la sua religiosità e la sua vocazione al sacerdozio si estrinsecano appieno. E con “Il volto della Madre” Mons. Distefano si cimenta con successo in un’opera teatrale a carattere religioso.

          “Saper leggere” è una preziosissima raccolta di suggerimenti sul metodo di studio, per cogliere i migliori risultati da un’applicazione seria allo studio. Io personalmente ho tratto grande giovamento da questa opera. E così pure “Ricreazioni di latino” è una sorta di grammatica per fare innamorare della lingua latina, in maniera scherzosa ma rigorosa, gli svogliati.

          Dopo quanto premesso c’è qualcuno che si meraviglierà se aggiungo che a scuola, nell’insegnamento, era geniale nel trasmettere e fare assimilare, in maniera immediata ma scherzosa, argomenti per loro natura ostici?

          La metrica latina con lui era un divertimento… “Pecuri pecuri pecuri crapi” oppure “ciciri ciciri ciciri favi” erano gli elementi base della metrica (dattilo, spondeo e trocheo). “Vicè, vidi cu c’è, vidi cu c’è, Vicè” era una delle due modalità di scansione del pentametro. L’altra era “Vicè, vidi cu c’è, rapici stubbitu”. “Nel mezzo del cammin di nostra vitaccia” era la modalità di scansione dello scazonte o giambo zoppo…

          Anche la chiamata per essere interrogati era un momento divertente. Componeva all’impronta dei versi con il cognome di chi doveva essere interrogato. “Si partiu di capu i matina / ccu fisciò e a carabina / e veni fora Cicciu Reina”. “Oh oh, questa è bella / viene fuori Giovanni Casella”. “Oh, gioia e consolazione mia / esce fuori Giuseppe Bellia”. E già immediatamente, quando si sentiva il primo versetto che faceva rima con un dato cognome, l’interessato si alzava e gli altri lieti tiravano un sospiro di sollievo…

          I versetti simpaticamente ironici che componeva sono rimasti celebri. “Bastianu si partiu di Turturici / ci misi quattru robbi nta bilici / vinni a Catania e dissi: cca mi piaci”. “Dorme bene incappottato / il soldato / nella vasca i pesciolini / rossi e fini / e gli offre un toscano / e la mano”. “Va dillu a Giosuè / che pape non è papè / che rape non è rapè / va dillu a Giosuè”.

          E poi era bravissimo a fare citazioni di altri autori  che avevano composto opere meritevoli di apprezzamento. Come la poesia di Giovanni Meli, che metteva in bocca al ciclope Polifemo, innamorato non corrisposto della ninfa Galatea, queste parole sconsolate: “Aiu persu la fami e lu pitittu / a stu statu ppi tia sugnu riduttu / stamatina ‘n vitidduzzu schittu / mi manciai e ‘n cantaru di prosciuttu / ma zoccu manciu non mi cala rittu / aiu persu la fami e lu pitittu”…

          E si potrebbe continuare su questo versante quasi all’infinito…

U tistamentu di me nannau

Una risposta a "Mons. Antonino Distefano, un docente geniale, un autore poliedrico, un sacerdote esemplare"

  1. Bel regalo che mi fate! Ho perso tanto a non averlo conosciuto come docente. Direi, orgoglio del paese nel paese di Biancavilla! Era una di quelle rare persone tanto più colte quanto più miti. Grazie a voi che ne trovate la memoria.

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