di Alfio Pelleriti
Il tema ricorrente sulla stampa, tra i commentatori in generale, è che la pandemia ci costringerà a delle riflessioni sui nostri comportamenti individuali e imporrà ai governanti degli Stati di ripensare le politiche economiche e sociali. La frase ricorrente è che il mondo che si risveglierà dopo questa tragedia che ha provocato disastri come e più di una guerra, non sarà più il mondo di prima. Tale tesi fa riferimento ad una vera e propria rivoluzione dei valori: niente più individualismo ma solidarietà; niente più sfrenato consumismo ma sana sobrietà; niente più offese e oltraggi alla Natura ma rispetto ambientale e scelte ecosostenibili nelle politiche degli Stati.

Ma siamo veramente sicuri che questi buoni propositi si trasformeranno in realtà?
Penso che questa tragica esperienza non cambierà affatto i nostri comportamenti, la nostra visione del mondo, e gli egoismi individuali, di classe, degli stati, continueranno a farla da padrone, fino al prossimo disastro.
Un breve excursus sulla recente storia del secolo scorso non dovrebbe spingerci a facili ottimismi.
Cosa è accaduto dopo l’immane tragedia della prima guerra mondiale? Nelle trincee, in mezzo al fango morirono soprattutto contadini e operai e a loro, già sfruttati e impoveriti, fu detto che quel sacrificio lo voleva la nazione, anzi la patria, quella stessa che a loro non aveva mai guardato. Così come Garibaldi promise la terra ai “picciotti” per farlo trionfare sui Borboni, anche stavolta ai ragazzi del ’99 si reiterò la stessa promessa: “Andate al fronte, combattete per la Patria e al ritorno la terra la daremo a chi la lavora!” Finì la guerra, gli imperi che l’avevano voluta furono azzerati e tutti quei poveracci che riportarono a casa le ossa e una divisa, chiesero diritti, rispetto, dignità e anche la terra.

Le illusioni delle classi sociali più povere rimasero tali e ci fu un nuovo “quarantotto” negli anni 1919/20 e poi più nulla, perché si ricominciò peggio di prima. I fascisti, teppaglia della peggiore specie, che ammazzava volentieri, anche per un bicchiere di vino, socialisti o comunisti o liberali, furono il braccio armato del solito padronato, la borghesia imprenditoriale e gli agrari dell’Italia centrale che volevano al sicuro i loro profitti. Si comprarono l’ordine sociale, garantito coi moschetti, col bastone e con l’olio di ricino che serviva agli assassini quando si volevano un poco divertire con qualche giornalista o con qualche intellettuale che parlava di diritti, di libertà e di giustizia. Gli anni furono quelli del totalitarismo per cui non si moriva più in trincea ma nelle piazze, nei cortei, in carcere, nei campi di concentramento e i nuovi ideali furono quelli imposti dal regime e “Dio, Patria, famiglia” fu di nuovo il motto, l’ipocrita menzogna, la perfetta blasfemia.

E poi ancora un’altra guerra, più atroce della prima: la malvagità dell’uomo raggiunse l’apoteosi e anche la scienza si piegò ai criminali che incendiarono di nuovo tutto il mondo. L’uomo riprese la sua clava per uccidere il fratello; si ripresero i gas, stavolta peggiori dell’iprite, i cannoni triplicarono la gittata, i carri armati sostituirono i cavalli bardati per cavalieri armati della lancia, gli aerei non furono solo più veloci e meglio armati per i guerrieri alati, ma furono capaci di distruggere intere città con i loro carichi di bombe, trasformandole in deserti; nei mari con i sommergibili fu più facile colare a picco le navi, non solo quelle militari. Poi si perseguitò il “diverso”, anche con l’assenso della Chiesa che si prostrò all’arcigno dittatore. Infine a mettere un suggello, si usò l’arma sopraffina, quella speciale, che usarono gli americani, la bomba atomica che, meraviglia, una sola riusciva a cancellare un’intera città bruciando e trasformando tutto in un deserto radioattivo.

E ancora si disse “non più guerre!” e mai più le dittature. I giovani e le donne si fecero sentire: volevano pace, libertà e giustizia per il nuovo mondo da ricostruire. Ma altre guerre interessarono il Sud del mondo, prima in Corea, poi in Vietnam e ancora i morti si contarono a milioni (almeno 5 milioni tra militari e civili in Vietnam). Mai più imperialismo coloniale, si disse, e infatti non ci furono eserciti provenienti dal ricco occidente a conquistare l’Africa o i paesi dell’estremo oriente, ci fu una “guerra fredda”, non guerreggiata, alquanto equilibrata, demandata agli arsenali atomici, ai missili balistici intercontinentali puntati su obiettivi sensibili e pronti a scatenare una nuova guerra mondiale. Il mondo fu diviso in “zone di influenze”, si costruirono muri a proteggere i confini. E l’America latina, i paesi africani, quelli asiatici divennero terra di conquista delle multinazionali e di grandi aziende che per conto degli Stati occidentali sfruttarono ancora quei territori depredandoli delle risorse naturali, inquinando per sempre quelle aree e condannandole ancora alla miseria, alla mancanza di servizi essenziali, lasciandoli governare da personaggi corrotti, violenti, in combutta con organizzazioni criminali.

Con la globalizzazione si affermò il grande capitalismo o “turbocapitalismo” produttivo e finanziario. Si registrò il grande boom economico e tutti ebbero soldi da spendere per comprare quei magnifici prodotti della tecnologia che rendono la vita comoda, tranquilla, gioiosa e poi, per chi voleva essere sempre trendy, articoli di lusso e vacanze in paradisi naturali. Cominciò l’era del consumismo di massa: supermercati, grandi viaggi e industria del turismo. Bastava pagare per avere garantita la felicità. L’auto fu appannaggio di tutti: all’inizio una per famiglia, poi per mamma e papà e infine, ai diciott’anni è del tutto normale avere un’auto in regalo e quella di moda, lunga, aerodinamica, col motore scattante. Si costruirono autostrade, ponti, cavalcavia, gallerie, trafori. Le industrie lavoravano a tutto regime e il mondo girava più veloce, consumando petrolio e carbone in grande quantità. E gli intellettuali cominciarono ad essere scherniti e per loro ci fu sempre meno spazio, soprattutto per quelli che ce l’avevano con i padroni e col profitto, che venivano subito etichettati come comunisti e nel grande calderone finirono pacifisti, ecologisti, preti di strada, progressisti e filosofi che parlavano di etica e di responsabilità.

Si disse mai più guerre, ma la guerra c’era e come! La si combatteva nelle Borse valori, tra le multinazionali, tra le aziende che si espandevano nell’agroalimentare distruggendo il pianeta. Milioni di ettari di foreste incendiate, aria ammorbata da scarichi di metalli pesanti e di polveri sottili che hanno mietuto vittime con cancri ai polmoni o in altri organi vitali. La guerra continuava contro quei testardi che continuavano a cianciare di giustizia: magistrati, sindacalisti, politici, scrittori, poeti, cineasti, tutti immancabilmente “comunisti” e perciò tanti caddero uccisi insieme con altre vittime innocenti perché la nuova arma si chiamava “terrorismo”, cioè incutere terrore colpendo nel mucchio e uccidendo gli innocenti.
Ora quando tutto sembrava volgere al meglio e l’eden era lì già in vista, almeno per gli occidentali non certo per il Terzo e Quarto mondo, ecco la questione degli emigranti, tanto comoda per una vincente campagna elettorale. E si aprì la stagione della grande ipocrisia, del fariseismo più sfrontato, dei grandi bugiardi che crearono nemici interni da eliminare: neri, asiatici, zingari e ancora i comunisti. I benpensanti erano convinti che solo il bianco occidentale meritasse tutti gli agi, che potesse fruire delle bellezze artistiche, chiudendo in faccia la porta ai poveri e agli sfruttati, alle guerre degli altri che erano lontane. Al bianco ariano bastava fare il sacrificio di spendere un’ora a settimana per andare a messa, fare un viaggio per recitare una prece a Padre Pio o a S. Rita o anche a Medjugorje ed ecco la coscienza ripulita. Negli altri giorni poteva infischiarsene dell’inquinamento, di rispettare le norme edilizie, soddisfatto si dava ad aggirare le norme fiscali, puntando poi, nel tempo libero, il dito accusatore e bugiardo contro il governo che succhia il sangue ai poveri contribuenti chiedendo di pagare tasse sempre più pesanti. “Ma quelli son soldi che mi sono guadagnato col sudore!” affermavano sfrontati il parrucchiere, il meccanico, il costruttore, il padrone del capannone e della “fabbrichetta” che al sabato va a Cortina o prende il volo per Malta e va a giocare al Casinò oppure si reca dal venditore d’auto sportive o da Cartier per fare un regalo milionario alla mogliettina e pure all’amante.

Ora un invisibile esserino che certo avrà causato centinaia di migliaia di morti in tutto il mondo, ma dopo tutto tra gli ultrasettantenni, dovrebbe cambiare le coscienze? Dovrebbe far nascere una consapevolezza sui rischi che corre l’ecosistema planetario nei cittadini e tra i nostri governanti? E quindi niente più scarichi inquinanti che ammorbano l’aria, i mari, i terreni? Ci saranno meno allevamenti che con i liquami prodotti intossicano l’aria e avvelenano terreni e falde sotterranee? Vi saranno meno tasse perché da domani le tasse finalmente le pagheranno tutti? Finalmente si è capito che per avere scuole efficienti per bambini e per adolescenti, ospedali accoglienti col giusto numero di operatori professionali, strade e ponti sicuri, tutti, proprio tutti dovranno pagare le tasse? Perché tutti vogliono poliziotti, finanzieri, carabinieri che garantiscano la sicurezza minacciata da ladri e farabutti d’ogni risma, ma come li paghiamo se i furbi ogni anno evadono per oltre cento miliardi di euro le tasse? Faremo nascere nuove coscienze, più coerenti e meno ipocrite dopo questa epidemia? Oppure si continuerà ad andare a Messa la domenica avendo il coraggio di guardare alla Croce, di mettersi in bocca la Parola di Dio per poi disprezzare colui che riteniamo inferiore perché d’un altro colore o perché di nome fa Mohammed o Moustafà?
Come si fa ad essere ottimisti se Irene Pivetti, già Presidente della Camera e deputata, prima della Lega Nord poi dell’UDEUR, è indagata da quattro procure per falso, ricettazione, frode per avere messo in commercio mascherine non a norma, truffando allo Stato 25 milioni di euro e da altre procure per riciclaggio?