di Alfio Pelleriti
In questo libro è raccolta una selezione delle lettere che i lettori del Corriere della Sera inviavano all’arcivescovo Carlo Maria Martini, avendo egli tenuto una rubrica sul giornale dal 2009 al 2012 nella quale dava risposte alle tante domande che gli pervenivano in ordine a problematiche religiose ed esistenziali.

Il libro sembra scritto per l’anima, per lo spirito del lettore, che viene arricchito e nutrito dalle risposte dolci, sapienti, chiare che sanno trasmettere in ciascuna la cifra del messaggio evangelico. Tutto l’amore di Gesù per l’uomo lo si trova in risposte brevi, essenziali che si caratterizzano per la scelta delle parole giuste, non una in più non una in meno. Mente e cuore intervengono durante la lettura: la partecipazione è totale e la commozione scatta irrefrenabile; le lacrime scendono copiose; la tua vita la passi in rassegna spinto da quelle domande e da quelle risposte che lasciano “a bocca aperta”, svuotati e compiaciuti insieme.
Nelle domande dei lettori si ritrovano i dubbi dei credenti e dei non credenti sul perché del dolore, della malattia, della morte, delle ingiustizie, delle catastrofi naturali, dei suicidi, dei genocidi, della povertà e quindi sul perché Dio non intervenga almeno a lenire le sofferenze dei suoi figli. Martini risponde con una comunicazione che squaderna prospettive nuove, dà luce ad antiche questioni, ancora aperte sui Pastori della Chiesa, sull’istituzione storica e sulle sue tante contraddizioni, sulla fede, sullo Spirito Santo, sulla figura storica e divina di Gesù di Nazareth.
Questo è un libro speciale che va letto e meditato e poi riletto, e ripreso e ancora letto perché ogni parola merita una riflessione sul personale viaggio nella vita.
Vorrei chiarire che le meditazioni sulla propria religiosità, sulla propria fede, se si avverte di possederla, sul senso profondo della vita umana, sugli interrogativi che assalgono chi ha iniziato un percorso spirituale o chi vive drammatiche esperienze esistenziali scattano già dalle domande dei lettori che riportano tutte alla difficoltà del vivere, alla finitudine dell’uomo con tutti i suoi effetti.
Una sola citazione per tutte, tratta dalla risposta del cardinale ad alcuni lettori che pongono domande sul rapporto tra la sofferenza e la fede.
“Nelle tue mani Padre, affido il mio Spirito’. Questo è il segreto! Se non ci affidiamo a Dio come bambini, lasciando a lui di provvedere al nostro avvenire, non arriveremo mai a compiere quel gesto di totale abbandono di sé, che costituisce la sostanza della fede…Quanto poi all’osservazione: ‘Mi piacerebbe avere la sua stessa certezza dell’esistenza di Dio; ma purtroppo non è così’, debbo dire che sento molto la fragilità di questa mia fede e il pericolo di perderla. Per questo prego molto il Signore e gli affido la mia vita, la mia morte e tutti quelli che vanno alla morte con poca fiducia nella potenza di Dio”.
Carlo Maria Martini (Torino 1927 – Gallarate 2012) è stato arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002 e una delle maggiori autorità mondiali nell’esegesi biblica. Dal 2002 al 2008 ha vissuto a Gerusalemme.
Educare è come seminare. Il risultato del seme non è garantito né tanto meno può essere immediato, ma risulta assolutamente necessario farlo.
Questo è uno dei pensieri di sua Eminenza Martini che io ho adottato facendolo mio e ritenendolo più che mai utile in ogni campo.
Nella sua lunga carriera fino ai massimi livelli, per le sue doti spiccatamente umane, veniva visto come “amico del Popolo, vicino alla gente comune e ai suoi molteplici problemi”, quindi nasce la sua collaborazione con il giornale che lascia una ricca eredità di compassione e sensibilità unita alla capacità di compenetrazione verso chi soffre, chi piange, chi si confessa a cuore aperto. Elementi tutti che hai evidenziato quando riferisci con discrezione, quasi scrivendo “in punta di penna”, che tutto il libro sembra dedicato all’ anima ed allo spirito del lettore che si lascia avvincere dal messaggio evangelico che esprime con misura e forza coinvolgendo mente e cuore, ragione e sentimento, fino a suscitare le lacrime in chi si ritrova anche nelle domande più difficili e situazioni drammatiche.
Scorrendo tra le tue righe, espresse con chiarezza, penso subitamente al grande Paolo di Tarso che, scrivendo all’amico discepolo Timoteo, così dice di sè: ” Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede, ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore mi consegnerà!”…
Di questo ne sono certa come della mia mano. Il Signore accogliendolo tra i suoi, la corona gliel’ha consegnata esclamando: “Bravo servo buono e fedele, vieni a godere della gioia del tuo Padrone”.
Santina Costanzo
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