di Alfio Pelleriti
Il seguente articolo è una risposta a un professore di Storia dell’Arte di Biancavilla che ha pubblicato un articolo piccato sui provvedimenti assunti dalla ministra della Pubblica istruzione Azzolina per fronteggiare la pandemia che flagella il mondo e soprattutto la nostra comunità nazionale, determinando, tra le altre misure adottate per impedire la diffusione del virus, la chiusura delle scuole.
Caro Salvatore, il tuo articolo si presenta bene e attira molto l’attenzione, come in genere attirano le filippiche, indirizzate poi alla povera ministra Azzolina che tra capo e collo si è trovata a dover gestire, insieme a tutto il governo, una situazione drammatica come una pandemia che ha costretto tutta la nazione a fermarsi e in primis le scuole. In pieno anno scolastico è arrivato il “tutti a casa!”, non solo in Italia ma in tutti i continenti. Ora, se al posto della Azzolina avessimo avuto la possibilità, per pura ipotesi, di mettere un guru della pedagogia e della didattica, tu pensi che avrebbe trovato immediate soluzioni? Credo proprio di no. Bisognerebbe condurre un’analisi che parta non da lontanissimo ma da almeno tre decenni per poter capire a cosa è dovuta questa “confusione” nella gestione della scuola in questa situazione particolare in cui tutti gli alunni sono a casa e pure i docenti, condizione mai verificatasi in passato, tranne al tempo dei bombardamenti inglesi e americani sulla nostra Italia, allora improvvida alleata della Germania nazista.

È facile gridare “Piove! Governo ladro!” Noi siciliani poi siamo specialisti nell’addossare ai governi nazionali o regionali o comunali qualsiasi colpa pur di non tentare un piccolo esame di coscienza e chiederci cosa facciamo nel nostro piccolo per contribuire alla crescita della nostra comunità.
Il tuo “J’accuse” tocca vari aspetti e la passione che metti nella critica che conduci ad “alzo zero” rende, a tratti, poco chiara l’analisi sulle finalità educative e didattiche della scuola, sul compito fondamentale dell’istituzione che è quello di formare oltre che di istruire. Cominci con l’indicare le problematiche emerse con la didattica a distanza e le rimostranze che si potrebbero avanzare dal punto di vista sindacale, nel senso che non esiste una normativa che obblighi i docenti ad attuarla, per non dire di possibili ricorsi e delle perplessità che emergono sull’effettivo profitto in termini di apprendimenti. Giuste osservazioni.
Ma in tutti gli altri settori dello Stato cosa si sta facendo se non il lavoro da casa, in “remote working” e mi pare che in pochissimi contestano. Stiamo vivendo una catastrofe con migliaia e migliaia di morti (pare che i 17.000 dovrebbero essere moltiplicati almeno per 7), con ospedali pieni zeppi di ammalati disperati che chiedono d’essere salvati e medici e infermieri che fanno turni massacranti e addirittura stanno in ospedale senza rientrare a casa. E poi si ammalano e muoiono. E noi tuoniamo sulla ministra Azzolina, chiedendoci se siano giuste e in coerenza con le normative le sue disposizioni?
Ti chiedi giustamente che in tale situazione improvvisata sia quasi impossibile fare emergere il merito e che l’inedia e il disimpegno di tanti ragazzi vengano tollerati e che alla fine sarà a tutti regalata la promozione anche a chi non l’avrebbe meritata.

Ora vorrei fare osservare che tale situazione esiste nelle scuole di ogni ordine e grado e anche nei licei da tanti anni e soprattutto nel Meridione, anzi da noi in Sicilia e anche nel nostro distretto, dove si fa a gara tra le scuole ad elevare la percentuale di promossi e poco ci vuole che si arrivi al 100%. Ormai si ritiene sia assodato che si debba promuovere tutti agli esami di Stato e con abbondanza di 100, anche se poi le nostre scuole, prime in classifica per voti riportati dai candidati, diventano ultime nelle prove sui saperi essenziali, le odiate, dai docenti e dai discenti, “prove Invalsi”, test oggettivi necessari per avere dati sulle criticità delle conoscenze degli alunni sul territorio nazionale, da cui partire per impostare azioni e interventi in vista di correzioni di rotta o per potenziare scelte risultate positive (ultima criticità emersa in ordine di tempo la capacità di lettura e di comprensione).
Di tale situazione sono tanti i responsabili. E io comincerei dagli alunni, il cui motto è stato ormai da anni “poco sforzo e massimi risultati!” difesi strenuamente dai genitori che pensano sia meglio essere buoni e tolleranti con i figli e quindi permissivi di fronte a ogni loro istanza, desiderio, atteggiamento. Ai genitori ha fatto comodo tale andazzo perché si sono convinti di avere figli che, con poco impegno e poco studio a casa, sono capaci di avere voti eccellenti, insomma si possono vantare di avere autentici geni, di fronte ai quali si mettono volentieri le mani in tasca per regalare scooter e auto o viaggi premio, vantando i pargoli promozioni in realtà immeritate.
I docenti hanno tollerato autentiche ingiustizie consumate in fase di scrutinio per non inimicarsi le famiglie o per accontentare i dirigenti che non vogliono sentir parlare di bocciati né di rimandati, né sopportano certi voti bassi, per cui d’imperio, ormai è risaputo, non i quattro ma i due passano a sei o magari a sette. Ingiustizie che non servono né agli interessati né tanto meno alla comunità, né certo a chi cerca un riscatto economico e sociale con lo studio e con l’impegno, superando con merito le prove e con serietà e con sacrificio sono sempre presenti a scuola, diligentemente si preparano gli argomenti e mostrano interesse costante nello studio. Ebbene costoro si vedranno messi alla pari con lo svogliato e con il perdigiorno che però è simpatico e tanto furbo perché ha capito il meccanismo della tanto declamata “Valutazione”. Sì, qualcuno avrà qualche debito da riparare a settembre, ma si sa che in quegli esami non si boccia mai. (Io sì, ho bocciato! E i miei due o tre rimanevano tali). Da anni durante gli scrutini finali per l’ammissione agli esami di Stato tanti docenti, accogliendo gli “inviti” del preside, fanno a gara per “aiutare” i ragazzi a presentarsi con una media dei voti alta per cui i sei passano ad otto e gli otto a dieci, con facilità, con generosità (io posso dire, senza falsa umiltà e con orgoglio, che non li alzai mai sebbene volessi bene ai miei alunni, anzi proprio per questo mio affetto mi sforzai sempre d’essere severo e obbiettivo nei giudizi).
I dirigenti scolastici, o almeno alcuni o tanti, vogliono ormai promozioni garantite.
Per anni nelle scuole non si sono comminate punizioni agli alunni neanche per fatti gravi e la disciplina che dovrebbe garantire la necessaria serenità nello svolgimento del lavoro didattico è diventata sogno irrealizzabile in certe realtà scolastiche. Chi ha mai denunziato tali situazioni?

Caro Salvatore, hai avuto tanti apprezzamenti per il tuo articolo, e te li meriti perché conosco la tua preparazione e la tua serietà e il senso del dovere che metti nella professione, ma permettimi di andare fuori dal coro. Noi siciliani plaudiamo colui che accusa l’autorità costituita, comunque si chiami e da quale parte politica provenga, se rappresenta lo Stato che è considerato di per sé un nemico. “Piove” Governo ladro!” e tutti applaudono, “a prescindere!” I colpevoli che abbiamo sotto gli occhi, noi non li vediamo, li cerchiamo a Roma. È una storia vecchia, già coi Borboni, poi coi “Piemontesi”, e poi coi governanti della Repubblica e della tanto decantata democrazia, con quelli che stanno nel “Palazzo” bisogna prendersela, diceva Gugliemo Giannini che fondò un partito, quello dell’”Uomo Qualunque”, a ribadire pur nel nome che non si voleva portare rispetto né alla lingua né all’intelligenza.
Magari l’Azzolina non ha trovato la soluzione giusta allo “Tsunami” che ci ha sommersi all’improvviso, ma è ora che i docenti in primo luogo si sveglino e presentino proposte ai loro dirigenti, che facciano comitati che portino avanti istanze, anche impopolari, ma che portino alla rinascita delle nostre scuole. Già nel 2005 proposi, con lettera aperta, di finirla con i cosiddetti viaggi d’istruzione per tutti, anche per chi poi si rifiuta di entrare nei musei o nelle chiese ma aspetta soltanto di andare in discoteca e rimanerci fino a notte fonda o a far caciara negli alberghi mettendoli a soqquadro, ubriacandosi e tentando di fare le bravate in cui ci casca spesso il morto. Ci vadano in tali viaggi chi ha spiccate motivazioni ad apprendere; nella Cappella degli Scrovegni ci entri solo chi ha la media dell’otto e gli altri se vogliono divertirsi viaggiando lo facciano in estate con le loro famiglie.
Errori in un momento di emergenza è chiaro che se ne possono fare a livello ministeriale. Ci vorrebbero più finanziamenti, certo. Ma mi chiedo se i finanziamenti arrivati in questi anni dalla tanto deprecata Europa, con i PON siano stati spesi bene e se tutti i laboratori di informatica o le LIM, le lavagne interattive, siano stati usati o giacciono lì ad occupare spazio inutilmente. E i finanziamenti regionali, i POR? I soldi nella scuola sono arrivati a fiumi e si sono sprecati o sono andati ai soliti noti, i docenti dello staff. E poi i fondi d’istituto elargiti per attività fantasiose e un po’ bislacche, soldi a collaboratori, a chi svolgeva le cosiddette “funzioni obiettivo”, i cui risultati erano sempre un po’ fumosi, con poca sostanza sottostante; viaggi, perfino crociere. Lo stipendio dei docenti non è alto, è vero, ma non è neanche basso. È dignitoso. E comunque chi lavora a scuola e fa il docente non ha scelto tale professione per guadagnare tanto ma perché ama il suo lavoro come una missione.
Occorre, certo, che la scuola diventi un’istituzione seria, efficiente; occorre che i docenti si aggiornino periodicamente e che il loro operato venga vagliato dai dirigenti o da ispettori, premiando il merito e uscendo finalmente da un appiattimento che esclude l’avanzamento in carriera per merito didattico e perché si conosce in profondità la disciplina da insegnare. È necessario essere giusti nella valutazione, avendo il coraggio di fermare i ragazzi che non si sono impegnati nello studio. Occorre finirla con i cosiddetti scambi culturali, un vero fallimento che provocano soltanto guasti nella preparazione dei ragazzi che per un anno lasciano la classe per frequentare una scuola in Argentina o in Portogallo. Un’esperienza che si risolve in un blocco del percorso formativo, perché quell’anno è semplicemente inutile, è un anno che crea dei vuoti enormi nelle conoscenze disciplinari che possono compromettere il futuro scolastico complessivo. Eppure genitori, docenti e alunni fanno di tutto perché per sei mesi o per tutto l’anno lascino la loro famiglia e la loro scuola per vivere una “esperienza formativa” con i loro coetanei che seguono altri metodi di studio, che non studiano certe materie come il greco o il latino, che dedicano solo qualche ora a scrittori o poeti italiani. Sarò un matusalemme ma ai miei nipoti non farei perdere un anno inutilmente.
Infine occorrerebbero più visite ispettive per controllare se nelle scuole si svolgono i contenuti previsti dalla normativa vigente. Da presidente agli esami di Stato o da commissario, ho potuto constatare che nella nostra provincia i programmi di letteratura italiana, di storia, di filosofia sono ancora uguali a quelli dell’anno 1970/71, quando affrontai io la maturità. Il Novecento in tutti i suoi aspetti storici, sociali, artistici, filosofici, i grandi temi legati alla difesa ambientale, alla bioetica, alle nuove tecnologie, le problematiche legate alla globalizzazione vengono disattesi in tantissime realtà scolastiche nostrane.
E’ mancata una visione strategica di lungo periodo sulla scuola e sull’università; sono mancate le indispensabili risorse per la ricerca e per innovazioni davvero importanti e ben studiate per mettere in rapporto la scuola al mondo del lavoro, senza far piovere le solite riforme che nascono azzoppate, destinate a far perdere tempo prezioso, inconcludenti nella sostanza. Questa politica scolastica superficiale, slegata dalle esigenze e dalle problematiche della società purtroppo va avanti almeno dalla seconda metà degli anni Ottanta e tutta la politica ha balbettato su tale questione, nessun partito escluso.
Quindi vogliamo scaricare sulle spalle della povera Azzolina queste debolezze intrinseche e incancrenite della scuola e in un tempo drammatico come quello di una pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo intero? Mi sembra ingiusto oltre che azzardato, come quando, si dice, si vuol sparare mirando sulla Croce Rossa.