Sulla via mercatorum

di Agata Salamone

Una delle gioie che la sciagura della pandemia toglie ai nostri giorni, oltre quella della separazione e dell’isolamento, è quella della libertà del cammino. In queste settimane mi manca l’andamento regolare del movimento dei miei passi. E mi mancano le sorprese che tutti i cammini riservano. Qui ero ad Averara, un piccolo paese della Bergamasca. Siamo in alta val Brembana, nel cuore di un’area che in passato era snodo commerciale e polo produttivo di alto livello. Da qui passava la via mercatorum che, attraverso un varco più a nord, da passo San Marco conduceva in Svizzera e quindi in Europa. Qui la lavorazione del ferro avveniva in officine attrezzate, con grossi magli che sfruttavano la forza dell’acqua dei torrenti, affluenti dei grandi fiumi di tutta la regione. I sentieri erbosi attraversano borghi e frazioni di borghi fatti di case antiche, di sasso, con tetti di selce, balconi di legno abbelliti da fiori e tralci. Attraversano boschi e radure, vigneti e prati dove il lavoro degli anziani si svolge silenzioso e meticoloso. In ogni frazione o borgo antico batte un cuore di pietra che è una cappella, una chiesina che si gode il miglior sole della collina con la sua piazzetta acciottolata. San Rocco e San Sebastiano non mancano mai: qui vennero a far nascere i paesi quelli che fuggivano la peste del Seicento, e prima ancora, quelli che fuggivano la peste del Trecento, che qui terrazzarono i suoli per coltivarli e inventarono i mezzi di sopravvivenza che non avevano. E le chiesine sono affrescate con delicatezza e ingenuità, ma anche con maestria perché da qui partivano, e poi tornavano, anche grandi maestri dell’arte. E vicino alla chiesina c’è sempre il lavatoio con lo zampillo dell’acqua, e il ponticello antico (..quanto antico? Forse romano!), e la scala di pietra tagliata rotonda che fa più bello il dislivello e più armonioso il passo. E la gente di adesso sui muri esterni delle case di pietra modernizzate ha aggiunto affreschi che narrano il lavoro, l’emigrazione, i miracoli, mentre cataste di legna disposta con ordine e simmetria come un puzzle aspettano in un angolo dell’aia il loro turno al camino di casa. Nella bergamasca nessuno ignora la felicità di questi cammini perché non c’è spazio di montagna o di pianura, vicino ai fiumi o ai laghi, che non abbia questi sfiatatoi della routine: i sentieri per i viandanti.


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